La riserva di caccia con grandi tesori

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In origine l’idea era di creare, alle porte di Napoli, nel rigoglioso bosco di Capodimonte, una gran riserva di caccia e, al suo servizio, una residenza di corte dove il sovrano – Carlo di Borbone – potesse assecondare la sua passione venatoria, grazie all’abbondanza di beccafichi, e poi, al calare del sole, distrarsi ancora con cavalieri e nobildonne del regno. Solo uno dei numerosi siti reali che, in pochi anni, sarebbero nati per favorire gli svaghi del re e della sua frizzante corte ma diverso da tutti gli altri perché ben presto si pensò di farne una residenza che ospitasse anche una parte delle prestigiose collezioni artistiche che Carlo aveva avuto in dono da sua madre Elisabetta Farnese, moglie del re di Spagna Filippo V e ultima erede delle fortune della sua famiglia: i Farnese di Parma, appunto. Vale a dire i capolavori di Tiziano e Raffaello, di El Greco, di Correggio e Parmigianino, dei Carracci, così come quelli di scuola fiamminga. E ancora, le sculture di Giambologna e del Martini, la wunderkammer con la galleria delle cose rare. Opere mozzafiato che, unite alle altre raccolte via via acquisite, oggi, a distanza di quasi tre secoli, hanno fatto della reggia di Capodimonte un museo di fama internazionale. [charme-gallery]

Era, infatti, il 1957 quando, nell’antica reggia borbonica, furono aperti al pubblico il Museo e le Gallerie nazionali di Capodimonte, rinnovata sede delle raccolte di arte medievale e moderna trasferite dal Museo Nazionale di Napoli, e di tutto quanto già dalla metà del ‘700 aveva ospitato al ‘piano nobile’: oltre le raccolte Farnese, dunque, quelle borboniche (tra cui porcellane, arazzi, armi, argenti) e quelle incamerate tra soppressioni monastiche, acquisti o donazioni successive all’unità d’Italia. Seppure dagli inizi dell’800 all’arrivo dei Savoia il palazzo di Capodimonte fosse stato utilizzato esclusivamente come residenza di corte, già da prima funzionava come foresteria per visitatori e studiosi stranieri che vi accorrevano per la qualità delle opere ospitate. Tra i primi il Winkelmann, il Goethe e, tra gli artisti, il francese J.H. Fragonard el a svizzera Angelica Kaufmann, Antonio Canova. Così fu pure dopo la Restaurazione e dopo l’Unità quando fu abitato dai Duchi d’Aosta.[charme-gallery]

A percorrere l’infilata di sale, dove la galleria artistica si alterna all’appartamento storico, l’emozione che ricorre è lo stupore e la meraviglia per tanta magnificenza che passo dopo passo suggerisce viaggi a ritroso nel tempo. Basta poco, di fronte al salottino di porcellana di Maria Amalia, del salone da ballo o della culla per immaginare il cicaleccio e il frusciar di sete delle dame di corte impegnate in intrighi d’amore e della gravidanza della regina.

Sembra di essere lì, al tempo del reame, nel maestoso palazzo, da oltre 50 anni attivo come museo, che nel tempo si è distinto come unicum tra i musei d’arte medievale e moderna per la feconda ‘contaminazione’ tra antico e nuovo, passato e presente. Accanto ai capolavori dal ‘400 al ‘700 accolti tra il piano nobile e il secondo piano, nei sottotetti si ammira una selezione di opere dell’800 e la sezione contemporanea con lavori di quegli artisti che sin dal 1978 hanno esposto a Capodimonte. E, allora, ecco che la soprintendenza per il Polo museale per il suo cinquantenario propose una celebrazione con un fitto calendario di iniziative: concerti, conferenze, proiezioni di documentari, una grande mostra temporanea (ottobre 2007- gennaio 2008) con prestiti da prestigiosi musei, fondazioni, collezionisti italiani e stranieri, e una serie di esposizioni di fotografi contemporanei invitati per l’occasione a misurarsi col tema “Uno sguardo su Capodimonte, uno sguardo da Capodimonte”.