Teatro San Carlo, il bel tempio della musica

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Vuoi tu sapere se qualche scintilla  brucia in te? Corri, vola a Napoli ad ascoltare i capolavori di Leo, Durante, Jommelli, Pergolesi” scriveva Jean-Jacques Rousseau nel Dictionnaire de Musique. Mai frase più veritiera. Napoli, infatti, può ben vantarsi di avere il San Carlo, terrazza aperta sul salotto di Partenope. L’anno di nascita è il 1737. Quarantuno anni prima della Scala di Milano e ben 55 prima della Fenice di Venezia. Il Massimo Partenopeo sorge a due passi da Piazza del Plebiscito, simbolo della vecchia Capitale del Regno delle Due Sicilie. Fu costruito per volontà del Re Carlo III di Borbone fortemente intenzionato a dare alla città un nuovo lirico che rappresentasse lo sfarzo e la potenza del suo potere regio. La “real fabbrica” fu completata in poco più di otto mesi. Il taglio del nastro avvenne la sera del 4 novembre, giorno in cui si festeggiava anche l’onomastico del sovrano. San Carlo, dunque. In onore del re. Nome poi assegnato anche al Lirico di Partenope. Da quegli anni, ne ha visti di capolavori il San Carlo alternarsi sul podio della musica. Ugole d’oro e artisti di fama internazionale, applauditi e osannati dal pubblico: De Lucia, Caruso, Del Monaco, Corelli, Tebaldi, Callas, Gigli, Pavarotti, Domingo, Carreras solo per citare i più famosi. Fra i solisti ecco brillare le leggende di Paganini, Rostropovic, Pollini, Accardo, Ciccolini, Ughi Rubinstein. [charme-gallery]Impossibile citare tutti i grandi musicisti e direttori d’orchestra che hanno scritto la storia gloriosa del Massimo: da Toscanini e Stravinskij a Bernstein e Sawallisch, da Muti ad Abbado, elencarli tutti sarebbe impossibile. E poi c’è la Scuola Napoletana, fiore all’occhiello del Lirico.

Il San Carlo, infatti, ha avuto di che alimentarsi in tutti questi anni, pescando dai quattro Conservatori presenti in città la propria linfa creativa fino a trasformare la sua “Scuola” in un’autentica eccellenza del mondo musicale europeo. Non a caso alla stessa produzione “made in Napoli” rivolsero il loro sguardo artisti come Händel, Haydn e il giovane Mozart che nel 1778 volle ambientare il primo atto del suo “Così fan tutte” proprio tra le ridenti atmosfere di una storica “bottega del caffè” di Napoli. “La prima impressione è di essere piovuti  nel palazzo di un imperatore orientale. Gli occhi sono abbagliati, l’anima rapita…” scriveva Stehdhal parlando del Massimo. E par di riviverla oggi quella atmosfera guardando gli interni sfavillanti dell’edificio, la facciata, trasfigurata da elementi classici e da decorazioni di tipo ellenizzante, il portico carrozzabile. Un autentico monumento-simbolo di Partenope: un teatro che vive. Che pulsa arte. E che chi viene in visita a Napoli non può fare a meno di visitare.