I focolari e i vasi domestici adoperati per cucinare, mangiare ed anche per brindare nel rituale del “simposio”. Cuma, la più antica colonia greca d’Occidente, svela grazie ad uno straordinario scavo dell’Università “L’Orientale” di Napoli, le abitudini quotidiane, ed anche alimentari di una popolazione che fu dedita all’agricoltura ma amante anche della carne di cervo e del pesce, e che usava come pentola gusci di tartaruga.
Sotto l’egida della Soprintendenza archeologica di Napoli e Pompei, lo scavo si sta svolgendo nell’area del Parco archeologico di Cuma, nella città bassa, più in particolare, nel settore compreso tra il Foro e le mura settentrionali della parte antica, settore interessato da una continuità abitativa nel tempo dalla fondazione della colonia greca fino all’abbandono della città romana (agli inizi del VI sec. d.C.). Ebbene, proprio sotto l’insediamento romano, in appena 3,50 metri di profondità, sono emersi i resti di circa tremila anni fa, tra i quali un ambiente adoperato come cucina che conserva una sequenza di focolari: il più antico presenta un piano refrattario realizzato con frammenti ceramici in stile geometrico dell’ultimo quarto dell’VIII secolo avanti Cristo.
Ciò che resta di abitazioni (ancora intatte) di quel gruppo di greci che, avventurandosi in Italia meridionale alla metà dell’VIII secolo a.C., segnò la storia dell’Occidente, tra l’altro trasmettendo ai Latini l’alfabeto che sarebbe divenuto di gran lunga il più adoperato di tutto il continente. Un vero e proprio palinsesto di tutta la storia della città antica, in particolare della sua quotidianità: un quartiere centrale della città con le sue strade e le abitazioni che restituiscono gli utensili e il vasellame domestico. Si tratta di uno spaccato delle trasformazioni nel modo di vivere e nella cultura materiale dalla città greca a quella romana. Lo scavo, diretto da Matteo D’Acunto, si svolge come cantiere-scuola che prevede la partecipazione di oltre 100 studenti dell’Orientale e di altre università italiane e straniere.
“Stiamo lavorando – sottolinea D’Acunto – con il pieno coinvolgimento di una ventina di collaboratori, tra assegnisti, specialisti, laureati e laureandi al monumentale progetto di pubblicazione scientifica del complesso che, per primo nella storia della ricerca a Cuma, offrirà un panorama diacronico di tutta la sua vita”.Lo scavo scuola si è avvalso degli studi di bio-archeologia di Alfredo Carannate, e si riaprirà nel 2014 grazie al lavoro della numerosa equipe di studenti. “Speriamo sia presto visitabile”, dicono gli archeologi.