Mare di Ulisse forziere di tesori

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“Chi tene ’o mare s’accorge ’e tutto chello che succede; po’ sta luntano e te fà sentì comme coce. Chi tene ’o mare ’o ssaje porta na croce. Chi tene ’o mare cammina c’a vocca salata; chi tene ’o mare ’o sape ca è fesso e cuntento. Chi tene ’o mare ’o ssaje nun tene niente…” Così cantava Pino Daniele, uno dei migliori artisti napoletani e, con voce ancor più melodiosa, la sirena Partenope levava il suo canto dagli scogli di Punta Campanella, seminando lutti e naufragi tra i legni greci. Qui i navigatori ellenici costruirono un tempio dedicato ad Atena, ed ogni volta che entravano nel golfo spargevano vino in mare come ringraziamento al dio Poseidone per lo scampato pericolo. Sapevano dal racconto di Omero, di quali rischi aveva corso Ulisse, che era inviso al dio per aver accecato Polifemo, ed avevano imparato a rispettare e temere quel pericoloso e stretto passaggio tra la penisola di Sorrento e Capri. Era un mare sacro quello del Crater. Agli occhi di quei forti, ma semplici marinai, la natura del golfo di Neapolis diede vita alla fioritura di miti provenienti da tutto il bacino del Mediterraneo e che qui vennero a confluire, arricchendo la storia e le tradizioni di questo lembo di Magna Grecia. [charme-gallery]Da Cuma, sul lato opposto del golfo, i coloni si spostavano sui loro agili legni solcando le acque di Baia, nei cui gorghi perì Baios, il compagno di Ulisse. Queste stesse acque hanno restituito tesori inestimabili ai contemporanei, come la città sommersa di Baia. Un vero e proprio insediamento urbano, cancellato dal bradisismo e oggi nascosto sui fondali marini con strade, muri e ricchi mosaici. A punta dell’Epitaffio fu rinvenuto uno splendido ninfeo appartenuto all’imperatore Claudio, con statue raffiguranti personaggi della famiglia imperiale, ed altre legate alla narrazione omerica, con Ulisse e Baios che versano vino al Ciclope. Ma anche la vicina Miseno è ricca di reperti archeologici e storie antiche. Il nome ci rimanda all’araldo di Enea, che la leggenda vuole sia perito in queste acque, per aver sfidato Tritone in una gara di musica. Le acque di quella che oggi è una tranquilla località turistica, sono state per anni la base della potentissima flotta romana. Da qui il naturalista Plinio mosse per portare soccorso alle popolazioni colpite dalla catastrofica eruzione del Vesuvio, avvenuta nel 79 d.C. approdando, poi ai piedi della collina di Varano, dove fu sorpreso e ucciso dai gas letali della montagna di fuoco. Le acque del porto di Miseno, ed il suo litorale, hanno restituito le tracce di questa importante fase della città flegrea; fra tutte il Sacello degli Augustali, il tempio che i liberti dedicavano al culto di Augusto, i cui reperti sono conservati nel Castello di Baia. [charme-gallery]Nelle acque di Pozzuoli, l’antica Puteoli romana, si celano ancora i resti del grande porto commerciale e della strada costruita, secondo la leggenda, da Ercole per far transitare i buoi rubati al gigante Gerione, nel corso delle sue fatiche. Questa grande opera architettonica scrisse la parola fine, ad uno dei luoghi a più alto contenuto simbolico e sacrale dell’antichità: l’Averno. Ritenuto da sempre l’ingresso all’Ade, il regno dei morti, si credeva che le sue acque fossero senza fondo. Qui l’eroe troiano Enea si era recato su consiglio della sacerdotessa di Apollo,la Sibilla, per incontrare il padre e farsi narrare il futuro glorioso delle generazioni successive. La pragmaticità di Roma tolse ogni sacralità alla porta degli inferi: la selva impenetrabile che circondava il lago, infatti, fu disboscata e i legni utilizzati per costruire le navi che avrebbero portato Roma ad essere, ancora per diversi secoli, la potenza incontrastata del Mediterraneo.