Il presepe recitante

3916

Con il mutare degli usi e dei costumi della popolazione, anche la rappresentazione del classico presepe napoletano subisce delle trasformazioni.La scena si sposta sempre più al di fuori del gruppo della sacra famiglia, e con la tradizione del presepe “recitante” anche i personaggi e i mestieri della Napoli profana, colti in scorci di vita reale, andarono a posizionarsi accanto alla mangiatoia, fianco a fianco con le sacre statuine raffiguranti Giuseppe, Maria e gli angeli sospesi in volo. Ecco dunque spuntare, all’ombra della grotta di Gesù, lavandaie, pescivendoli, mendicanti, macellai, tavernieri, acquafrescai, venditori di cocomeri, avventori, donnine di malaffare ed altri personaggi del popolo. I soli in grado di trasformare Betlemme, il villaggio della Palestina in cui era venuto al mondo Cristo, in una città piena di vicoli, bettole e taverne. Proprio come la Partenope del XVIII secolo.

Nacque così, quasi in concomitanza con il boom del presebbio che se fricceca” la professione del “figurinaio”, un mestiere che impiegava le donne di casa nel taglio e cucito delle vesti e nella realizzazione di pastori, animali, strumenti di lavoro e musicali, prodotti dell’orto, tutti realizzati come se fossero stati “dipinti” dal vivo. Tutto ciò accadeva sotto il regno di Carlo III di Borbone, un periodo fiorente sia per la città di Napoli, sia per i capolavori dell’arte presepiale. Un periodo che vide diffondersi la pratica della visita ai più bei presepi della Capitale nelle festività natalizie, usanza che coinvolgeva tutti. Re e corte compresi. I quali amavano non solo ammirare i modelli più in voga del momento, ma anche partecipare alla loro realizzazione, come accadeva con il presepe della reggia di Caserta, al cui allestimento contribuivano, in parte, anche principesse e nobildonne che si occupavano di cucire a mano gli abiti dei pastori. Da qui l’adozione della definizione di presepe cortese.

[charme-gallery]

Un modo forse più “terreno” e meno clericale per indicare la celebrazione dell’avvento. Ma anche un meccanismo che, almeno inizialmente, la Chiesa in parte ostacolava, non essendo ancora pronta ad accettare la rivisitazione laica di un culto di norma ad uso e consumo dei soli “addetti ai lavori”, come si vede nel presepe ancora oggi in mostra nella chiesa del Gesù Nuovo a Napoli, dove i canoni del perfetto presepe gesuitico sembrano rispettati alla lettera. La pratica delpresepe semoventeperò, nel corso degli anni, andò via via allargandosi fino a diffondersi in quelle stesse chiese che inizialmente avevano storto il muso di fronte alla presenza di pastori raffiguranti ubriaconi, donnine, straccioni e popolani sulla sacra scena della Natività.

L’esempio più bello di questa antica arte che voleva anche i rappresentanti del popolo tra i protagonisti del presepe è quello della chiesa dello Spirito Santo a Toledo (dove è sepolto il pittore Massimo Stanzione), in cui ancora oggi è possibile ammirare un raro esemplare di presepe del Settecento. Ma Napoli pullula di realizzazioni simili e veramente non c’è che l’imbarazzo della scelta: basta fare un salto a Santa Chiara, la cittadella dei frati francescani, per rendersene conto. Qui, per capirci, svetta lo straordinario presepe voluto da Ferdinando IV di Borbone ed alla cui realizzazione contribuirono tutti i grandi scultori dell’epoca, tra i quali Giuseppe Sanmartino, l’autore del famoso Cristo Velato in mostra nella cappella San Severo.

“Il presepe recitante”
Basilica dello Spirito Santo, via Toledo 40, Napoli
Complesso monumentale  di Santa Chiara, Via S. Chiara 49, Napoli
Reggia di Caserta, Via Douhet, 2/a,  Caserta
Cappella di San Severo,  Via Francesco de Sanctis, 19, Napoli
Chiesa del Gesù Nuovo,  Piazza Gesù Nuovo, Napoli