Atlantide brilla sui fondali di Partenope

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Quali segreti custodiscono le onde care alla sirena Partenope? Cosa si nasconde sui fondali del Golfo di Napoli tutti da visitare? Da Pozzuoli a Sorrento, da Castellammare a Cuma, il mare di Ulisse è uno scrigno pieno di tesori da ammirare per sub e appassionati di archeologia. Relitti di navi, carcasse di aerei dell’ultima guerra, anfore, tracce di antichi insediamenti: giacciono lì, in profondità. Nascosti nell’ombra degli abissi, oppure adagiati a pochi metri dalla superficie. In attesa di essere scoperti e magari riportati alla luce. Come accaduto tante volte al largo della Penisola sorrentina, teatro, nel corso del XVI secolo, delle feroci scorrerie dei pirati saraceni. E’ qui, in queste acque, che fece naufragio la flotta di Giulio Cesare. Ed è sempre qui, in prossimità dell’isolotto dei Galli, che sono stati localizzati i resti di numerose imbarcazioni di epoca romana e preromana. Brocche etrusche, ma anche greche, romane, addirittura africane e di età tardo medievale: vengono dragate quasi in continuazione dalle reti dei pescherecci, insieme a ceppi d’ancora di fattura moresca, vecchi scandagli in piombo e manufatti di pietra. Nei bassi fondali della “Terra delle sirene”, dove duemila anni fa sorgevano gli approdi costieri delle ville imperiali, una gran quantità di reperti e di elementi architettonici in marmo aspetta solo di essere consegnata alle cure degli archeologi.
E che dire della magia di Baia, la città cara alla famiglia dell’imperatore Claudio, con i resti dell’antico insediamento sommersi a pochi metri dalla costa flegrea? Mosaici, pavimenti, stradine, basamenti di mura, file di colonne, insomma le vestigia di una delle più importanti città della Roma imperiale, cancellata dalla carta geografica per colpa del bradisismo che ne sprofondò terme e palazzi sott’acqua. Resti di una bellezza unica, che fanno bella mostra di sé sui fondali marini del litorale flegreo, a pochi metri di profondità, per la gioia di sub provetti e appassionati di storia antica.[charme-gallery]
Ed è sempre qui, nelle acque solcate da Ulisse, tra Capri e Punta Campanella, che giace uno dei più famosi relitti della storia del Risorgimento: il battello postale “Ercole”, colato a picco la notte del 5 marzo del 1861. Nel naufragio perse la vita il giovane garibaldino Ippolito Nievo. Il battello stava riportando lo scrittore da Palermo a Napoli, quando si inabissò. Qualcuno ipotizza che in quel misterioso incidente scomparvero anche importanti documenti sulla regolarità amministrativa della spedizione dei Mille. Ancora oggi, infatti, c’è chi è pronto a giurare che al naufragio, provocato, a quanto pare, dall’esplosione di una caldaia, non fosse estraneo il governo piemontese, intenzionato a cancellare per sempre prove “scottanti” su fantomatici interessi che avrebbero visto coinvolti politici e banchieri nella campagna dell’Eroe dei due mondi.
Misteri, ancora misteri. Nascosti nella cassaforte inespugnabile del mare. Come le carcasse dei pesanti bombardieri dell’ultimo conflitto bellico. Colati a picco insieme ai loro equipaggi. Dormono il loro sonno eterno sui fondali del Golfo. Decine di pesanti aerei da guerra, americani, inglesi, italiani e tedeschi. Crivellati dai colpi della contraerea, oppure abbattuti in volo, negli epici duelli dell’aria. I loro relitti, con il pesante carico di morte che li contraddistingue, giacciono coperti dalla sabbia e dalla vegetazione marina, oramai inoffensivi. Non è raro che la rete di un peschereccio finisca col rimanervi impigliata, riportando in superficie il casco di un pilota, o quello che resta del pezzo corroso della carlinga di uno Junkers germanico. Testimonianze di storia vissuta, a volte anche tragica. Veri e propri tesori, gelosamente custoditi dal mare che nell’VIII e nel VII secolo a.C. bagnò le coste della Magna Grecia. Come quello scoperto nel 1991 nella baia di Marina Grande di Bacoli, a un tiro di schioppo dal cosiddetto Sepolcro di Agrippina, durante una ricognizione subacquea effettuata per conto della Soprintendenza Archeologica: i resti murari di una vera e propria villa romana, costruita su una piattaforma marina, con tanto di impianto termale. Roba da stropicciarsi gli occhi. Da rimanere a bocca aperta.[charme-gallery]
Non solo segreti, però. Spesso il mare è in grado di consegnare identità e data di affondamento dei suoi reperti, proprio come un moderno archivio informatizzato. Lo sanno bene i sub che si immergono sullo scafo dell’Ashanti, una nave da carico inglese naufragata a causa delle avverse condizioni meteorologiche, alcuni decenni fa, nelle acque napoletane con tutto il suo carico di tappeti e preziosi. E il relitto del Dors, cargo olandese colato a picco da una mareggiata nel 1964 al largo della costa vesuviana e adagiato in un misto di sabbia e fango a circa 24 metri di profondità. Solo due esempi delle decine di scafi incagliati sui fondali e che da sempre costituiscono lo svago dei sommozzatori più esperti. Relitti più o meno recenti, muta testimonianza del dramma legato ai naufragi e la cui presenza sott’acqua rimanda, giocoforza, a storie di morte, storie di uomini impegnati nell’impari lotta contro la furia degli elementi, storia di tragici speronamenti come quella del peschereccio affondato al largo di Ischia, nel giugno del 2005, oppure a incidenti meno gravi, ma non per questo indolori come quello del rimorchiatore Miseno, inghiottito dal mare di Forio nel 1980, vittima dal maltempo, e oggi posato ai piedi dell’Isola Verde a circa 80 metri di profondità. Ma quali misteri, quanti segreti, quali favolosi tesori ancora si nascondono nelle profondità inesplorate del Golfo? Atlantide è lì, ancora pronta a stupirci. Regalandoci l’ultima sensazionale scoperta. Anche quella sott’acqua è la Napoli da visitare.