Caravaggio e il mistero dei dipinti perduti

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Da un importante documento storico emerge che Caravaggio nel suo ultimo viaggio da Napoli a Porto Ercole, oltre ai due ‘San Giovanni’ e alla ‘Maddalena’, portava con sé altri dipinti. Dove sono e che fine hanno fatto?“. Lo afferma il ricercatore Silvano Vinceti, responsabile del ritrovamento dei resti mortali del Caravaggio nel 2010 e ancora impegnato in studi dedicati all’artista lombardo. Michelangelo Merisi, questo il vero nome di Caravaggio, è stato un artista dal talento eccezionale. Nella sua breve vita (si spense a soli 39 anni di età), visse per due volte nella città del Golfo, sia nel 1606, quando vi rimase per un anno, intrattenendosi a lungo nei vicoli dei Quartieri Spagnoli, sia nell’ultimo periodo della sua attività, nel 1609, quando ritornò a Napoli rimanendovi fino al 1610. Tante delle sue magnifiche opere sono state realizzate proprio nella città di Partenope che conserva oggi tre suoi capolavori. Si tratta del “Martirio di Sant’Orsola“, custodito a Palazzo Zevallos Stigliano, in via Toledo; della “Flagellazione di Cristo“, in mostra nelle sale del Museo di Capodimonte e de “Le sette opere di Misericordia“, custodito al Pio Monte della Misericordia, in via Tribunali.

Da un’attenta rilettura della lettera redatta da Deodato Gentile il 29 luglio del 1610 e rivolta al segretario di Stato Vaticano, cardinale Scipione Borghese, crolla la certezza storica che il Caravaggio portava con sé solo tre quadri“, prosegue Vinceti. Nella missiva in cui il Nunzio Apostolico presso il Regno di Napoli, oltre ad annunciare la morte di Caravaggio a Porto Ercole, “informava il potente ecclesiastico che da una visita compiuta presso Costanza Colonna, protettrice di Caravaggio e finanziatrice del suo viaggio verso Roma, emergeva che solo tre quadri si trovavano presso la marchesa”. “Il documento – afferma Vinceti – che si trova negli Archivi Vaticani -, riporta in modo inequivocabile la seguente espressione: ‘…La feluca ritornata riportò le robbe restateli (di Caravaggio) in casa della S.ra Marchesa che habita a Chiaia, e di dovea era partito Caravaggio. Ho fatto subito vedere se vi sono li quadri, e ritrovo che non ne sono più in essere, eccetto tre, li doi di San Giovanni e la Maddalena…’“.

Per Vinceti “questo documento ufficiale apre una nuova pagina sui quadri che Caravaggio aveva nel suo ultimo viaggio. Scipione Borghese faceva incetta dei suoi quadri anche con metodi poco ortodossi e stava allestendo una quadreria dove Caravaggio era il protagonista principale” e “il Gentile precisa di aver raccolto dettagliate informazioni”. Peraltro “il Nunzio Apostolico disponeva di fonti certe e rigorose anche per dare prova di serietà e precisione, in modo particolare, sui dipinti del Caravaggio che Scipione Borghese anelava di possedere“. “Si tratta – conclude Vinceti – di una testimonianza altamente credibile” e ora “pur con le cautele che lo storico deve avere, viene lecito porsi due domande: dove sono questi dipinti e che fine hanno fatto“.

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