Non c’è una data d’inizio della formazione di Clara Garesio ceramista: semplicemente lei nasce ceramista. Sin da bambina impara a lavorare e creare con le mani, appropriandosi da subito delle tecniche del disegno e della ceramica. Torino, la città d’origine. Napoli, il luogo del cuore, dove abita, sposata, da oltre quarant’anni, con lo scultore partenopeo Giuseppe Pirozzi. Frequenta la Scuola d’arte e ceramica e, contemporaneamente, si diploma a Faenza, dove vince il concorso nazionale della ceramica. E’ il 1956 e Clara Garesio si divide fra le commissioni della Corte di Persia per piatti in maiolica decorati e l’insegnamento nell’Istituto statale d’Arte di Isernia, sino a dirigerne i laboratori di ceramica. Nei decenni successivi, in particolare tra gli anni ‘60 e ‘70, ottiene importanti riconoscimenti e incarichi professionali: è protagonista nazionale indiscussa della sua arte. Nel 1960 è a Napoli, dove fonda l’Istituto per la Porcellana di Capodimonte (ora Istituto Caselli). E come chi in un’arte è diventato maestro, dedica all’insegnamento tutte le sue energie. Clara Garesio progetta, e alla fine degli anni ’50 elaborala “Tavola di progettazione ceramica”, un’infinità di segni e disegni, appunti e schizzi di una leggiadria e di uno splendore meraviglioso.[charme-gallery] Le sue sculture e i suoi vasi sono pezzi unici, contraddistinti da un disegno che segue le correnti artistiche del tempo – stilizzazioni moderne ispirate da modelli astratti o allo stile picassiano restituiti all’attualità con espressioni di materie modernissime, di brillanti vernici e di colori. A questo periodo appartengono i “vasi decorati a smalto”. Le superfici delle sculture rappresentano, per Clara Garesio, il territorio dove la pittura prende vita attraverso la sua magica visionarietà. A un primo approccio, sembra che l’artista provenga dalla scuola di Weimar dove creatività e razionalità si fondevano magistralmente. Ci si accorge, però, immediatamente della sua fortissima contemporaneità e di una cultura che è riuscita a fondere l’eleganza con la ribellione del colore più esplosivo. E’ sulle superfici dei suoi vasi, delle sue formelle, che esplode la grande pittura, a differenza delle decorazioni che solitamente si incontrano nei territori della ceramica. Al 1978 risale il “vaso foggiato a lucignolo e decorato con smalti screziati”. [charme-gallery]Ed ecco che con Clara Garesio la ceramica assurge ad arte con l’abbandono di quell’aggettivo “minore” che caratterizza i prodotti esclusivamente artigianali. Nella sua casa-studio, poco lontano dal Museo Archeologico, è serena, è riservata, è sensibile, romantica e speciale. Ma è anche un’artista silenziosa, che parla poco della sua arte ed è quasi restia a mostrare le sue opere, che non nomina per non aprire un ulteriore campo di attenzione e aggiungere, in questo modo, un significato terzo all’opera. Molte artiste si sottraggono al racconto della propria esistenza privata – spesso anche a se stesse – difficilmente rendendo pubblico il loro sentirsi vincolate, dimidiate fra il menage familiare ed il loro estro creativo. Conversando con Clara Garesio tutto questo non compare, consapevole e fiera delle differenze tra l’uomo e la donna, e anche di quei difficili equilibri della vita familiare, con figli e amenità connesse. Fiera di essere donna, procreatrice. Amante, compagna, da oltre cinquant’anni intreccia perfettamente il ruolo di artista con quello di moglie e madre. La sua ricerca artistica è ancora tutta in corso e continuerà finché avrà da scrivere di terra e luce, per regalarci nuove espressioni dell’arte della ceramica.