E’ un richiamo ironico, ma non per questo meno profondo e attento alla riflessione quello di un inconsueto presepe napoletano allestito nel Museo delle Arti Sanitarie presso l’Ospedale degli Incurabili di Napoli. L’idea del professor Gennaro Rispoli, fondatore del Museo e dominus dell’Associazione “Il Faro di Ippocrate“, è quella di offrire ai visitatori una visione più ampia della realtà partenopea descritta nelle rappresentazioni presepiali nate nel ‘700. Una visione che comprende anche le persone sofferenti e si traduce in statuette che esemplificano alcuni tra le più gravi malattie di un tempo. Così, invece di mostrare scene di osterie e dei tradizionali mestieri, la rappresentazione della Natività del Museo delle Arti Sanitarie di Napoli offre una carrellata di donne e uomini sofferenti, non senza un pizzico di ironia partenopea.
L’inconsueta mostra è stata inaugurata ieri pomeriggio nello spazio museale sito nel cortile del cinquecentesco Ospedale degli Incurabili fondato dalla Venerabile Maria Lorenza Longo nel 1522. L’unico ospedale partenopeo che da circa mezzo secolo non ha mai interrotto la sua attività di presidio sanitario e che resta un esempio notevole di espressione artistica con la restaurata Farmacia del ‘700. All’inaugurazione è seguito un concerto del coro Vox Nova nel refettorio delle Clarisse Cappuccine, ordine fondato dalla stessa Maria Longo. Un modo per celebrare il prossimo Natale con tutti i medici degli Incurabili. Fra gli ospiti il direttore generale dell’Asl Napoli 1, Ernesto Esposito.
Intitolata “Incurabili pastori e guaritori ciarlatani“, la mostra espone 14 statuette. Molti sono pezzi singoli, tre le scene con più soggetti. C’è quella, terribile, che rappresenta i malati di peste (firmata dalla Scarabattola dei fratelli Scuotto). Particolare quella del cavadenti (dalla collezione del professor Fernando Gombos) che riproduce un ciarlatano nell’atto di tirare un dente a un paziente sotto lo sguardo di una piccola scimmia (che si utilizzava nel ‘600 per attirare i clienti). C’è poi la rappresentazione di un piccolo chiosco dove monaci e alchimisti espongono boccette con spezie da vendere agli ammalati. Le statuette singole rappresentano ciascuna una o più malattie. C’è l’uomo che ha subito l’amputazione di un arto, chi ha il gozzo, l’ernia, chi è cieco, chi obeso. E ci sono i pastori deformi più noti: il nano e il gobbo (“o scartellato” in lingua napoletana), figure legate alla sfera delle superstizioni e considerate di buon augurio.
I soggetti provengono da collezioni private di Roberto Caruso, del professor Gombos, di Stefania Matera e dello stesso direttore del Museo di Arti Sanitarie, Gennaro Rispoli. Nelle sue parole lo spirito di questa iniziativa: “Mostrare il male o le piaghe senza pudori equivale a esorcizzarlo, cosi’ come questi pastori sono un’occasione di riflessione sull’epidemiologia e sui malanni dei secoli scorsi. Anche questo fa parte dell’indagine storico-medica del Museo”. Un intento che va oltre perché punta a “mostrare anche quelle curiose figure di guaritori che rappresentano la nascita delle professioni sanitarie”.
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