Nino Longobardi.L’estro che rende le forme leggere

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Il terremoto del 23 novembre ’80 riscrisse la natura delle cose, cambiò il pensiero di molti napoletani e gli elementi essenziali dei sensi e della carne si mescolarono nel genio intenso di Nino Longobardi. Poi nacque la mostra Terrae Motus. Poco più che ventenne, Longobardi (Napoli, ’53), uno dei protagonisti dell’arte contemporanea  italiana, esponente della corrente artistica Transavanguardia teorizzata da Achille Bonito Oliva, aveva da pochi anni incontrato il grande gallerista Lucio Amelio (scomparso nel ’94) e con lui progettò Terrae Motus (donata da Amelio alla Reggia di Caserta nel 1992), solido e importante lavoro di gruppo che coinvolse all’attivo molti artisti di fama nazionale ed internazionale a rappresentare iconograficamente il tema della catastrofe. La fortunata carriera artistica di Nino Longobardi nasce sul finire degli anni sessanta, proprio dall’incontro con Amelio durato circa trent’anni, incontro che gli ha donato la meraviglia di uno sguardo nuovo. Le opere, realizzate da Longobardi al suo esordio, hanno temi legati alla figura umana con una pittura intensa e materica, senza nessuna trasparenza. Le sue composizioni danno luce ad un ciclo espressivo fatto di equilibrate commistioni e contaminazioni, dove la figura diventa strumento per prendere, dalla infinita e antica tradizione napoletana, il continuo dialogo con la tangibilità della morte, inserendo tutti i segni visivi che essa ci tramanda da tempo come le ossa, i teschi e i ritrovamenti, il tutto sempre fuso nell’intimità delle sue figure. [charme-gallery]Qualche anno dopo la sua attenzione si sposta verso una radicale scarnificazione della figura umana e l’impianto pittorico diviene ancora più equilibrato, rigoroso, quasi minimalista. Nino Longobardi disegna, dipinge e scolpisce quell’essenziale che il tempo ha trasformato in memoria, e ce lo lascia intravedere dai suoi corpi scarnificati. Ogni sua opera è fatta degli spazi e dei materiali ai quali fa riferimento, siano essi creta, carta, muri, acciaio, luoghi aperti. Svuota nelle profondità della forma per giungere ad un’assoluta liberazione della forma e del colore. Sono silhouette, scheletri leggeri e fluttuanti creature di un artista classico e moderno. Con la sua modalità espressiva, Nino Longobardi ci offre la possibilità di una fuga da simboli e codici superflui, che egli stesso estrapola e cancella da un mondo capace di immobilizzarsi in segni e soggetti propri di un sistema confusionale. Sin dai primi anni Ottanta numerosi riconoscimenti e mostre: al Guggenheim di New York, Boston, Barcellona, alla Nationalgalerie di Berlino, al Grand Palais di Parigi, al Museo di Arte Contemporanea di Copenaghen. Diverse anche le personali che gli sono state dedicate a Palazzo Reale di Milano, a Castel Nuovo di Napoli, alla Galleria Civica di Modena, al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, affascinante e suggestiva l’installazione perla Metro di Napoli nella stazione “Quattro Giornate”. E se ci incamminiamo per il Centro Storico di Napoli fino ad arrivare al noto Palazzo Tarsia (via Tarsia), incontriamo Nino Longobardi affascinante e verace nel suo studio-casa, dove c’è tutto un vissuto del quale scopriamo le tracce, che ci rivelano la sua storia.