Che bella la Certosa di San Martino. A guardarla è uno spettacolo per gli occhi. Uno dei simboli della bella Napoli. E’ adagiata sulla collina del Vomero da quasi sette secoli e gode di una strepitosa vista sul Golfo. La posa della prima pietra risale al XIV secolo quando Tino da Camaino e Atanasio Primario la innalzarono in forme goticheggianti. Le cronache raccontano che fu fondata dal duca di Calabria Carlo d’Angiò (figlio del re Roberto) e poi consacrata sotto il regno di Giovanna I. Ebbene, da allora la certosa non ha mai smesso di incantare per la straordinaria sintesi d’architettura e di arte barocca made in Partenope.
E’ di uno dei luoghi più incantevoli del capoluogo che deve la sua fama, non solo all’invidiabile posizione panoramica, a pochi passi da Castel Sant’Elmo, ma anche e soprattutto alla straordinaria ristrutturazione di Cosimo Fanzago che, nel corso del Seicento, trasformò l’antico convento dei padri certosini in uno dei più strepitosi complessi religiosi di tutto il Regno delle Due Sicilie. Per capirci, tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Settecento, in piena controriforma, al rinnovamento della fabbrica collinare lavorarono i maggiori architetti e i migliori artisti del momento – pittori, scultori, maestri artigiani del marmo, del legno e delle arti minori in genere – tra cui, solo per citarne alcuni, il Fanzago, Micco Spadaro, Jusepe de Ribera, Massimo Stanzione, Battistello Caracciolo, Giuseppe Sanmartino, Giovanni Lanfranco, Francesco Solimena, Andrea, Domenico Antonio e Lorenzo Vaccaro. Furono loro, ciascuno nella propria epoca, che ne arricchirono gli interni e gli esterni, dotandoli di opere d’arte, arredi, altari, pavimenti e decori in genere di assoluto prestigio Tanto che, nei secoli del “grand tour”, la Certosa dedicata a San Martino, probabilmente per la presenza sul posto di un’antica cappella preesistente dedicata al Santo di Tours, era immancabile meta prediletta di letterati, viaggiatori ed eruditi che vi si recavano in cerca di quiete e riposo, d’ispirazione e, soprattutto, per soddisfare curiosità artistica e sete di conoscenza.
Sontuosa la chiesa barocca con marmi, sculture e dipinti. Notevolissimi il coro, la cappella e la sala del tesoro. Grandioso il piazzale d’accesso e il cortile d’onore. Maestoso il chiostro grande con un colonnato d’ordine dorico-toscano, una sequenza di statue lungo tutto il loggiato, il cimitero dei certosini e un bel pozzo al centro del giardino di camelie, simbolo di resurrezione. E di gran fascino il chiostro piccolo, detto anche dei Procuratori, con il pavimento in cotto e maiolica decorato con motivi di volute e nastri opera di Giuseppe Massa. E, ancora, il Quarto del Priore e i giardini divisi in tre ripiani: quello alto, che anticamente ospitava l’erbario della farmacia dei monaci certosini; quello intermedio che era anche l’orto del priore; quello inferiore tenuto a vigna e riservato alla passeggiata dei monaci. Ma straordinaria è anche la sala delle carrozze.[charme-gallery]E’ stata ricavata nell’androne che collega il Chiostro dei Procuratori con i giardini della Certosa. E prende la sua denominazione dalle carrozze che vi sono esposte. La più antica, la Carrozza della città, fu realizzata in legno dorato ed arricchita con dipinti e pregiati tessuti tra la fine del XVII e gli inizi del XVIII secolo, su ordine del Tribunale di San Lorenzo. Serviva a trasportare gli Eletti della Città; veniva utilizzata per le cerimonie ufficiali, come le processioni del Corpus Domini, e uscì per l’ultima volta nel 1861, anno in cui Napoli smise ufficialmente di essere capitale del Regno delle Due Sicilie. La Berlina di corte, un altro dei tesori in mostra nella sala delle carrozze, appartenne invece alla regina Maria Cristina di Savoia ed è databile tra fine Settecento e inizi Ottocento.
Durante i lavori di riordino museale del 1886, curati da Alberto Avena, l’ambiente fu pavimentato e coperto; nella stessa occasione furono collocati alle pareti gli Stemmi di provenienza reale e vicereale. Alcuni di questi provengono dalla Porta Medina, distrutta nel 1873, e giunsero a San Martino nel 1889; lo Stemma dei Borbone delle Due Sicilie, fregiato del collare dell’Ordine di San Gennaro, proviene dalla porta d’ingresso di Castel Nuovo. Sul lato sinistro dell’androne si conserva la Colonna della Vicaria, originariamente collocata all’ingresso di Castel Capuano, e dinanzi alla quale nel XVII e fino al XVIII secolo venivano esposti ed umiliati i debitori insolventi, come si vede nel celebre dipinto di ignoto del Seicento Il Tribunale della Vicaria esposto nello stesso Museo.
Un vero incanto, di cui si gode ogni volta che si ha voglia di una semplice passeggiata in un’atmosfera d’altri tempi piuttosto che di un tour al museo di cui è sede dal 1866: il Museo nazionale di San Martino che, con la sua varietà ci raccolte e collezioni, espone i migliori presepi della scuola napoletana, in particolare lo spettacolare settecentesco Presepe Cucciniello, armi e ricordi storici del Regno e delle sue varie epoche storiche, cimeli della società partenopea le cui vicende si ricostruiscono anche attraverso le sezioni dedicate al teatro, alle feste, ai costumi. Brilla anche la sezione navale con la borbonica lancia reale a 24 remi, un’altra lancia di epoca sabauda e un caicco donato dal sultano Selim III a Ferdinando di Borbone.
Certosa di San Martino
Piazzale San Martino, 5 – Napoli
Tel.+39.081.5586408
Orari: lun-dom h.8.30-19.30, mer chiuso
Biglietti: €6; ridotto €3, ingresso libero under 18 e over 65
www.polomusealenapoli.beniculturali.it/museo_sm/museo_sm.html