Insuperato capolavoro del barocco-roccocò, gli Incurabili sono al tempo stesso un antico nosocomio e un intrigante luogo di rappresentanza per l’élite scientifica della storia della medicina a Napoli. La splendida Farmacia storica, l’orto medicinale, la cappella Montalto, il Museo delle Arti sanitarie e il chiostro di Santa Maria delle Grazie con le bellissime Muse Paradisia che costituiscono una tappa imperdibile della scoperta del cuore di Partenope, sulla collina di Caponapoli, dove, fin dalle origini, Napoli ha offerto il meglio di sé. L’Ospedale del Reame fu edificato negli anni Venti del Cinquecento per volontà della nobildonna catalana Maria Longo, donna dotata di innegabili capacità imprenditoriali e dedita all’assistenza dei bisognosi. Volle un luogo di cura per gli Incurabili, i malati di sifilide, malattia arrivata in Italia dopo la scoperta dell’America e diffusasi dal 1494 quando le armate del re Carlo VIII invasero Napoli per poi risalire l’intero Paese. Madonna Longo creò una struttura sanitaria che è sopravvissuta fino ad oggi lasciando alla città un patrimonio artistico insolito e seducente: tra i reparti dell’ospedale emergono spazi dove l’arte resiste al tempo evocando lo splendore di un passato glorioso. Il museo, cui si accede dal cortile degli Incurabili, tra l’elegante piperno, le corti cinquecentesche e le antiche sale dell’ospedale, si articola in due sale espositive, intitolate ai numi tutelari della scuola medica napoletana: Domenico Cotugno e Domenico Cirillo. Sono oltre cento gli oggetti esposti in nove bacheche disposte in due ambienti distinti arricchiti da uno scenografico scalone cinquecentesco. [charme-gallery]E proprio lì, in quel luogo tanto caro alla letteratura e alla storia di Napoli, sono state allestite le due sale, autentiche stanze della meraviglia che riportano alla storia dell’Ospedale del Reame, ai suoi tanti primati sanitari. Artigiani sapienti li forgiarono per gli occhi e le mani di medici che proprio sulla collina di Caponapoli fondarono per intuito, moderazione, disciplina e rigore la Scuola Medica Napoletana. La Farmacia settecentesca è considerata un capolavoro assoluto della scienza medica napoletana d’età illuministica. La successione delle sale, controspezieria – sala grande – laboratori, mostra un rigoroso controllo degli spazi costruito su rimandi di colore dalle riggiole ai vasi in maiolica, dagli stigli agli intagli dorati. Domenico Antonio Vaccaro, illustre scultore, architetto e pittore napoletano, nel 1729 eseguì i disegni per la nuova Fabbrica . L’elegante doppio scalone in piperno della farmacia accoglie i visitatori che lungo le rampe salgono alla Loggia impreziosita da portali marmorei sormontati da vasi e mascheroni diabolici. L’impianto interno della farmacia fu allestito da raffinate maestranze napoletane: Fucito per la falegnameria, gli stigli, il grande bancone; Di Fiore e Matarazzo per gli intagli e le dorature; Crescenzio Trinchese per i marmi; i riggiolari Massa per le maioliche. Le pareti sono rivestite da meravigliosi stigli di noce impreziositi da alzate di farmacia in legno dorato. [charme-gallery]Molti vasetti presentano ancora i cartigli originali indicanti il preparato farmaceutico. Un enorme vaso in marmo conteneva un tempo la Teriaca o Triaca: una panacea per tutti i mali che ebbe una straordinaria diffusione nel Medioevo e nel Rinascimento. Il suo nome deriva dal greco theriaké, ovvero “rimedio contro i morsi di animali velenosi” (theìron, animale velenoso, serpente) conteneva, tra i numerosi costituenti, oppio, carne e pelle di vipera. I rimandi alla tradizione magico-alchemica napoletana non intaccano il grande valore scientifico della Farmacia che si inserisce con naturalezza in un itinerario tra storia, scienza ed alchimia che da Caponapoli prosegue, a pochi passi di distanza, lungo i decumani della città, da via Tribunali a Spaccanapoli.