Cullata di obelischi in onore di Paolino

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Le macchine ondeggiano alte sulla folla: ritte verso il cielo. Come un dito puntato sulle nuvole. Grattacieli di legno e cartapesta: li muovono i colli possenti delle paranze. I soli capaci di dar vita a una danza agile, ritmica, che si perpetua immutata nei secoli. E’ il tradizionale rito della festa dei Gigli, kermesse religiosa che ogni anno la comunità di Nola dedica a San Paolino, il patrono della città di Giordano Bruno. Un evento da non perdere, che quest’anno si svolgerà, come da tradizione, domenica 23 giugno, il giorno dopo, cioè, la festività dedicata al Santo (che cade il 22 giugno). E che per la prima volta candida la ricorrenza nolana a Patrimonio Immateriale dell’Umanità, presentata all’Unesco assieme alle comunità di Palmi, Sassari e Viterbo nell’ambito della rete delle città “delle macchine da festa”.

L’edizione 2013 della festa dei Gigli rappresenta il momento clou di un già ricco e nutrito calendario di eventi che hanno fatto di giugno il mese nolano per eccellenza. Un programma che ha offerto e ancora offrirà ai visitatori, convegni culturali, momenti di liturgia, serate di cabaret, concerti musicali e proiezioni di film fino alla “biciclettata” conclusiva del 30 giugno che condurrà gli amanti delle due ruote alla riscoperta delle bellezze storiche e architettoniche di Nola.[charme-gallery]

Le origini della festa, da sempre molto sentita nel piccolo comune del napoletano, si perdono nella notte dei tempi. Sembra, infatti, che l’evento si ricolleghi alle celebrazioni che i Nolani organizzarono nel primo decennio del V secolo d.C. per festeggiare il ritorno a casa del vescovo Ponzio Meropio Paolino, reduce dalla prigionia in Africa.

Secondo la leggenda, il futuro Santo, che era riuscito a liberarsi dalla schiavitù dei Visigoti di Alarico (ai quali il nobile romano di origini francesi si era consegnato per risparmiare ulteriori sofferenze alla sua città presa e saccheggiata dai barbari), fu accolto sulla spiaggia di Torre Annunziata, dove era sbarcato, su navi cariche di frumento, insieme ad alcuni compagni di sventura, in un tripudio di fiori – gigli per l’esattezza – e poi accompagnato fino alla sede vescovile di Nola alla testa dei gonfaloni delle corporazioni delle arti e dei mestieri.  Un rituale antico, dunque. Che fu poi riconosciuto, in seguito, anche da Papa Gregorio Magno. E che oggi, come allora, si rinnova nella solenne processione che gli abitanti di Nola organizzano portando in processione il busto argenteo di Paolino nelle vie del centro. E poi nella celebre processione danzante quando le otto paranze portano a spalla le macchine votive lungo un tradizionale percorso individuato nel borgo antico.[charme-gallery]

Sono questi i famosi Gigli, otto obelischi di legno, omonimi delle antiche corporazioni delle arti e dei mestieri un tempo presenti nell’abitato: Ortolano, Salumiere, Bettoliere, Panettiere, Beccaio, Calzolaio, Fabbro e Sarto; più una struttura più piccola a forma di barca, che simboleggia il ritorno in patria del Santo.

Otto grandi “macchine da festa” alte quasi 25 metri ciascuna e pesanti più di 25 quintali, con una base cubica di tre metri per lato, abbellite con decorazioni di cartapesta, stucchi o altri materiali basati su temi religiosi, storici o di attualità.

Dopo la consueta benedizione del Vescovo, che avviene nella centralissima piazza Duomo, gli obelischi attraversano la città cimentandosi in una suggestiva danza al ritmo di brani originali (oppure tratti dalla tradizione napoletana), in onore di San Paolino. Una danza che va avanti per tutta la notte, e che si prolunga fino alle prime luci dell’alba del lunedì successivo.[charme-gallery]

Le macchine vengono portate in giro dalle paranze, gruppi composti da circa 120 uomini, al cui interno operano i “cullatori”: è a costoro che viene affidato il compito di farle ruotare e danzare. Il loro nome sembra derivare proprio dal movimento che i Gigli assumono quando ballano, simile appunto all’atto del cullare, ma anche dal fatto che, per essere mosse, le macchine vengono appoggiate sui colli dei maestri delle paranze.

Uno spettacolo nello spettacolo, quello “made in Nola”. A metà tra il sacro ed il folklore. Immortalato in decine di film e documentari. Uno spettacolo che oggi come negli anni in cui l’Impero Romano d’Occidente si avviava al tramonto, continua ad attirare turisti e fedeli rapiti dal fascino di una festa tra le più antiche e fascinose del Belpaese.