Quando San Gennaro perse il trono di Partenope

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“Insomma… i napoletani sono ancora pagani: credono nella specializzazione degli Dei: pregano Santa Lucia se hanno problemi con la vista, San Pasquale Baylon, più noto come bailonne, se debbono maritare la figlia, San Ciro se hanno bisogno di un medico generico e San Cristoforo se debbono fare un viaggio Napoli-Roma in Cinquecento; né più né meno di come facevano duemila anni fa gli antichi greci, che adoravano Artemide o Ares a seconda che andavano a caccia o alla guerra”. Lo disse come a chiosa d’un discorso, il professor Bellavista. Lo disse rivolto a Cazzaniga, il milanese Cazzaniga, che gli domandava, curioso allo spasmo, del come, del quando e del perché sul culto di San Gennaro con annesso miracolo della liquefazione. E con altrettanto annesso adepto/a, di quelli che, per fede, giungono a percuotersi e lacerare le vesti. Che è religioso, sì, pur se un tantinello per opportunità. Appare anche così – per sua stessa ammissione – il credente napoletano disegnato da Luciano De Crescenzo nei suoi “Dialogoi”. Appare religioso, sì, ché i Santi li ama tutti, ma ne predilige (e venera) uno sopra tutti quanti gli altri. Così che San Gennaro dei Santi “partenopei” ne è il re. Eppure… [charme-gallery]Eppure ci sono congreghe, rioni, vicoli e vicarielli che spesso osano tradire anche lui, proprio lui, il sommo, il patrono. Lo fanno da secoli, talvolta in silenzio (religioso, ma anche timoroso silenzio), talaltra in pompa magna, con processione, banda, palco, musica e tutto quanto. Un Santo più di un altro. Un Santo, addirittura, più di San Gennaro. Come fu per Sant’Antonio Abate, che quando oggi sfila per le vie di Napoli lo fa impersonato da una scultura interamente in argento. Lui che, per qualche tempo, fu eletto a “sostituto” del Patrono, prendendone il posto. Accadde ai tempi della rivoluzione giacobina. Cadeva l’anno 1799 e la cacciata dei francesi non riuscì. L’esercito borbonico fece il suo ingresso nel perimetro della città nel giorno preposto al miracolo. Ebbene, comunque si facesse roteare la teca, il sangue in essa contenuto rimase raggrumito. Era allora generale delle milizie transalpine, un tale Championnet, che guardò, con buona dose di ragione, il mancato prodigio come lo spunto per una rivolta che avrebbe potuto coinvolgere non soltanto quella nicchia di ideologi e intellettuali che già avevano provato a scuotere le masse, ma ciascun adepto del Santo. [charme-gallery]Ovvero, tutta Napoli. E allora il generale riprese la marcia, lasciando che la cadenza dei soldati si estinguesse soltanto sotto la volta del Duomo, al cospetto d’un cardinale armato solo della sacra ampolla. “Faccia sciogliere il sangue – ordinò, più o meno – o la farò decapitare”. Chissà se fu il tremito di terrore del prelato o fu volontà del Patrono stesso di salvare la vita al suo vescovo a far sì che, di lì a qualche secondo, la liquefazione avvenisse. Allarme rientrato. Già, ma a che prezzo. Perché il popolo indignato tacciò Gennaro, il Santo Gennaro, d’alto tradimento. E nominò, a rango di protettore loro, Sant’Antonio Abate. Che non durò poi così tanto. E che poi non era nemmeno napoletano. E a Napoli neppure c’era mai stato…