Il tesoro di Partenope poggia su millenni di storia

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Il Tunnel borbonico di Chiaja

Vuoto sotto, costellato di case in superficie. Così è il Centro storico della città di Napoli, dove a ogni costruzione sulla terra corrisponde una cavità che si spalanca nel sottosuolo. Ebbene sì: Napoli si regge sul vuoto, su un reticolo di vicoli e cave che risalgono all’epoca greco-romana e in parte visitabili, grazie al lavoro dell’associazione “Napoli Sotterranea”. Fondamenta dal sapore antico, quelle su cui poggiano chiese e palazzi. Che a loro volta sorreggono autentici pezzi di storia millenaria: un dedalo di lunghe strade e vicoletti che formano Neapolis, il cuore antico della città, ancora oggi ben visibile nell’organizzazione urbana del Centro storico, dai coloni, più di duemila anni fa, perché sicura dalle inondazioni del mare e, allo stesso tempo, ad una comoda distanza dalla linea di costa.

E’ qui, nel ventre di Partenope, a metà strada tra Castel Capuano e Castel Nuovo, che sono custoditi molti dei suoi gioielli artistici e architettonici più rari: chiese, guglie, ricchi palazzi, dove hanno avuto luogo alcune delle più note, e sanguinose, leggende napoletane. Meandri tutti ancora da scoprire, come il tunnel borbonico di Chiaja, utilizzato negli anni dell’ultima guerra come ricovero dai bombardamenti e riscoperto, di recente, grazie ai cantieri della Metropolitana (le vie di accesso sono due: una si trova in via D. Morelli, direttamente nel parcheggio Morelli, in zona piazza Vittoria; l’altra in vico Del Grottone, n. 4 nei pressi di piazza Plebiscito).

A un tiro di schioppo da Porta Capuana, si dirama l’antica via dei Tribunali, arteria principale della polis greca, da cui partono, a sud e a nord, i cardi che la congiungono al Decumano inferiore, meglio noto come “Spaccanapoli”, e al Decumano superiore, ora via San Giovanni a Carbonara. Appena s’imbocca via dei Tribunali, sulla sinistra s’incontra l’Ospedale della Pace con l’enorme sala del Lazzaretto, che ancora conserva un altare di marmo del XVIII secolo. Proseguendo, si arriva alla guglia di San Gennaro, un omaggio al patrono per aver protetto la città dall’eruzione del 1631. Di fronte alla guglia, il complesso del Pio Monte della Misericordia, istituzione nata nel 1603 a firma di sette giovani aristocratici napoletani allo scopo di realizzare opere caritatevoli. Proseguendo tra profumati banchi di frutta e pizzerie tipiche, si giunge a piazza San Gaetano, dove, a destra, la basilica di San Paolo Maggiore, con la splendida sacrestia, protegge l’ingresso a Napoli Sotteranea, una città parallela ricca di fascino.[charme-gallery]

I primi scavi nel sottosuolo risalgono alla fine dell’era preistorica, anche se furono i Greci a iniziare, in maniera sistematica, a estrarre materiale da costruzione. Il giallo tufo, che caratterizza il paesaggio napoletano, proviene, per la maggior parte, proprio dalle viscere di Napoli. I Romani altro non ebbero da fare che allargare le cave dei loro predecessori e, scavando in profondità fino a 40 metri – livello cui si accede con la visita guidata -, riuscirono a raggiungere sorgenti d’acqua dolce e a creare un enorme acquedotto sotterraneo. E’ da qui, da questi oscuri budelli che è tornata alla luce la figura del “monaciello”, personaggio della leggenda amato e temuto dal popolo, che forse altri non era che il pozzaro, ovvero il guardiano delle fogne che costituiscono il reticolo di vie di Napoli Sotterranea.

A sinistra, rispetto alla porta d’ingresso che immette negli antri sommersi di Partenope, a pochi passi dalle mura dell’antico teatro di via Anticaglia che si vuole sia stato frequentato anche da Nerone, sorge il complesso monumentale di San Lorenzo Maggiore, con la sua chiesa gotica, il chiostro, la biblioteca e, proprio sotto il complesso religioso che ospitò Petrarca e Boccaccio, ai tempi del loro soggiorno partenopeo, gli scavi archeologici. Un’altra “parte” nascosta di Napoli la cui visita consente di riconoscere perfettamente il macellum, l’antico mercato romano di cui restano intatte le botteghe e parte dell’agorà, cioè il vecchio foro della Neapolis greco-romana (risalente al IV sec. a.C.). Da piazza San Gaetano parte anche via San Gregorio Armeno, la coloratissima strada dei pastori.

Una successione di antichi palazzi con alti porticati, che nascondono botteghe artigiane e piccoli empori, porta quindi alla chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio, nota per il culto delle “capuzzelle”, le teste dei morti che vengono amorevolmente accudite dalle persone del popolo in cambio di una grazia, magari una vincita al lotto.[charme-gallery]

A pochi passi dai resti delle mura greche di piazza Bellini sorge la chiesa di San Pietro a Majella, struttura gotica in tufo giallo che precede il Regio Conservatorio, dalle cui finestre emanano continuamente note di brani e arie antiche e nuove e le cui sale hanno ospitato i più famosi compositori napoletani.

Come è ovvio, i dintorni del Conservatorio sono costellati di negozi di strumenti musicali che espongono pianoforti, chitarre, batterie, strumenti a fiato e ad arco. E’ il caso di via San Sebastiano che conduce dritto dritto alla chiesa di Santa Chiara, la splendida chiesa gotica dal tetto verde riconoscibile da ogni dove e il chiostro maiolicato, che conserva antiche “riggiole” napoletane.

Piazza del Gesù, come sempre, lascia attoniti per la facciata di bugnato della chiesa del Gesù Nuovo, il cui esterno così austero fa da contrapposizione ad una splendida chiesa barocca.

Proseguendo per via Monteoliveto, tra palazzo Gravina di epoca rinascimentale e il palazzo delle Poste, esempio di architettura fascista, si giunge a via Medina, un tempo largo delle Corregge, area a ridosso del Maschio Angioino, dove un tempo avevano luogo tornei e giostre e che venne scelto da Carlo I d’Angiò come sede della sua nuova e imponente dimora: il Maschio Angioino, ovvero Castel Nuovo.