Dalla Pisanella al Louvre, storia del tesoro di Boscoreale

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La storia, a tratti leggendaria, del ritrovamento e della “fuga” in Francia del Tesoro di Boscoreale, la collezione di argenterie romane custodite al Louvre di Parigi, sarà al centro del secondo appuntamento della kermesse “Boscoreale e i suoi tesori culturali” promossa dall’associazione “Il Nuovo Vesuvio”. Appuntamento domenica 19 gennaio, alle ore 10, nei locali del Centro Sociale – Polivalente Anziani di Piazza Pace a Boscoreale (Napoli).

A raccontare la storia, ma anche gli aneddoti, i fatti e le curiosità legati a questo singolare ritrovamento archeologico saranno Lucia Oliva, autrice del libro “Il Tesoro di Boscoreale”, e Angelandrea Casale, ispettore onorario del ministero dei Beni Culturali e autore di numerosi saggi dedicati alle scoperte archeologiche avvenute sul territorio boschese nonché alla storia, in generale, dell’hinterland vesuviano. L’incontro sarà moderato dal giornalista Gennaro Carotenuto. La volontà dell’associazione culturale è quella di riprendere le fila di un discorso portato avanti fino agli anni ’90 dal periodico “Il Nuovo Vesuvio”, affinché si possa aprire una seria riflessione sul futuro di Boscoreale attraverso i suoi “tesori culturali”.

Il tesoro di Boscoreale è costituito da un centinaio di pezzi di oreficeria di enorme valore risalenti all’età augustea. Tra questi spiccano tre specchi in argento, numerose coppe per bere (celebre quella degli scheletri), una saliera (ma tra i reperti c’è un servizio da tavola praticamente al completo), alcuni monili e un gran numero di monete d’oro.

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Fu rinvenuto nell’aprile del 1895 durante i lavori di scavo della villa romana della Pisanella in località Settetermini a Boscoreale. I reperti si trovavano nella zona del “torcularium”, l’ambiente che ospitava il torchio per la spremitura dell’uva, dove evidentemente il proprietario della villa, durante i terribili istanti dell’eruzione del 79 d.C., li aveva fatti nascondere in attesa di poterli recuperare in un secondo momento.

Le vicende che accompagnarono le varie fasi del rinvenimento del “tesoro” e poi la sua successiva esportazione in Francia restano ancora oggi avvolte nel mistero. Si sa solo che i pezzi furono trasferiti clandestinamente Oltralpe da alcuni antiquari napoletani, con la probabile complicità dei proprietari dei suoli che erano stati oggetto degli scavi, e qui venduti.

Successivamente molti di quei preziosi furono donati al museo del Louvre dal barone Edmond James de Rothschild, che li aveva acquistati per mezzo milione di franchi. Lo stesso barone si premunì di comprare altri cinquantaquattro oggetti appartenenti al servizio da tavola del “tesoro” donandoli allo stesso museo parigino. Il suo gesto fu, in seguito, imitato da altri collezionisti che, a loro volta, avevano acquistato altri pezzi della straordinaria raccolta di argenterie romane.

I monili d’oro furono invece acquistati direttamente dall’amministrazione dei musei nazionali. Oggi, così ricomposta, l’intera collezione fa bella mostra di sé nella sala dei gioielli antichi al Museo del Louvre.

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