Vellutate cresommole sul fertile vulcano

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In principio fu citata nel Chian-hai king, il libro dei monti e dei mari dell’impero cinese. Successivamente divenne la cresommola, il mitico pomo d’oro dei greci, con cui si produceva il nettare degli dei. Portata in Italia dai romani cento anni prima della nascita  di Cristo, la dolce albicocca conquistò ben presto il gusto e il favore degli abitanti dell’impero. Polposa e profumata, dorata come il sole che l’accarezza, liscia e vellutata come la guancia della donna amata, fu nei secoli celebrata da poeti e letterati. Considerata un frutto afrodisiaco e un simbolo di fertilità, fu citata da Plinio il Vecchio nella sua “Naturalis Historia”. Per Bembo e per Pascoli fu semplicemente “Armellino”, l’armeniacum malum, dolce e desiderabile come il ricordo della donna ambita, mentre nelle leggende popolari inglesi divenne un ricercato presagio di fortuna. “In questo villaggio del Sud – scriveva il poeta Nazim Hikmet – senza sosta né tregua il sole rosseggia e si gonfia di miele sulle fanciulle e dentro le albicocche”.[charme-gallery] Zuccherina e succosa, fonte di guadagno e di delizie, coccolata come l’amata, Madama Albicocca è ancora oggi la Signora della provincia di Napoli. Sorge spontanea sul suolo friabile e fecondo dell’area vesuviana, inerpicandosi – nell’area interna – lungo le pendici del vulcano primordiale, l’ormai spento Monte Somma, e – con lo sguardo rivolto al mare – sulla lava del sempre temibile Vesuvio. Dai contadini e dai buongustai è amata e vezzeggiata come una donna. Una donna adorata, ma anche impertinente e ritrosa. Da qui i nomi delle sue tante, squisite varietà: Boccuccia liscia, grossa, n’truppecosa (spinosa). Pollastrella, Palummella, Cerasiello. C’è la preziosa Pellecchiella; e ci sono la Ceccona,la Monaco Bello,la Vitillo,la Prete,la Fracasso. In ricordo di un amore deluso hanno nome la Pazza,la Spinosa e la Cafona.Ci sono le rarissime San Francesco e Cerasella, dal nocciolo dolce, da gustare dopo aver addentato la polpa. Ma per tutti l’albicocca vesuviana è semplicemente la cresommola, da gustare fresca, da mangiare essiccata, da bere nei distillati, da mordere sulle crostate ormai trasformata in profumata marmellata. Ogni anno sul complesso vulcanico vengono raccolte circa 43mila tonnellate di frutta: il 75 per cento della produzione totale della provincia partenopea. Polpa dorata, sapore zuccherino, profumo intenso: è un piacere a cui non si può rinunciare, magari visitando il Parco del Vesuvio, una riserva naturale dal cuore ardente e tumultuoso, da cui si gode un armonioso silenzio e una vista spettacolare sulle bellezze del Golfo di Napoli.