Fatti d’arme e fortilizi. Solide fortezze e dimore reali. Sentinelle di pietra sui destini del Regno. Napoli e i suoi castelli, una storia che parte da lontano. Fin da quando gli antichi sovrani di Partenope scelsero di dimorare qui, ai piedi del Vesuvio. E fortificarono la loro città con un solido sistema difensivo basato su caposaldi inespugnabili. A partire da Castel Sant’Elmo, fino alle torri del Maschio Angioino, guardiano marino di Napoli. E più in là, con i castelli aragonesi di Baia ed Ischia.
Da qualsiasi punto della metropoli si alzi lo sguardo in alto verso la collina del Vomero, ciò che immediatamente lascia affascinati è la vista di maniero dorato che domina il borgo: è Castel Sant’Elmo, l’edificio voluto da don Pedro de Toledo, realizzato nella massa tufacea della colline dove già in epoca normanna sorgeva un torrione detto Belforte. Baluardo difensivo della Napoli Angioina, luogo di ricevimenti galanti con gli Aragonesi e bastione inespugnabile sotto il dominio dei Viceré, Castel Sant’Elmo costituisce oggi, insieme con la Certosa di San Martino un polo museale di inimitabile suggestione, che riempie e domina la zona collinare con la sua grande mole, la spettacolare piazza d’armi e i camminamenti delle vedute mozzafiato.
Ed è proprio da qui, guardando in basso, tra l’azzurro del cielo e il blu del mare, che si staglia la tozza figura di Castel dell’Ovo. Il maniero fu costruito sull’isolotto di Megaride, dove la leggenda vuole che fosse approdata, sfinita, la sirena Partenope. Nel corso dei secoli Castel dell’Ovo ha avuto diverse funzioni: da villa a fortezza; da carcere, in cui furono imprigionati illustri personaggi (tra cui l’ultimo re dell’impero romano d’Occidente, Romolo Augustolo) a residenza; da convento di monaci bizantini a Camera regia del Tribunale e dell’erario dello Stato sotto la dominazione normanna; da caserma a museo.
Tutto questo è stato un edificio che trae il nome da un’antica leggenda: la tradizione tramanda, infatti, che il poeta Virgilio, mago e taumaturgo, protettore della città in epoca medievale, pose nei suoi sotterranei un uovo magico nascosto in un’anfora (o forse una brocca di vetro) chiusa in una gabbia di ferro, a sua volta appesa a una trave (oppure murata in una nicchia). Alla rottura dell’uovo, dice la leggenda, tutta la città sarebbe sprofondata nel mare. Un’altra versione rimanda, invece, il termine “uovo” alla pianta particolare del castello. Appunto, di forma ovale.
Il destino dell’antica capitale, comunque, è stato a tal punto legato alle vicende del misterioso “Ovo” che già al tempo della regina Giovanna, quando una parte del maniero subì ingenti danni a causa del crollo di un arco, la sovrana fu costretta a sostituire l’uovo per evitare che in città si diffondesse il panico e il timore di nuovi e più grandi lutti.
Poco più in là, proprio di fronte all’ingresso del Castello di Virgilio, si apre via Santa Lucia. Ed è qui, tra i rami dei pini marittimi e l’alta mole di Palazzo Reale che fa capolino una delle torri del Maschio Angioino, il più celebre castello di Napoli. Castelnuovo è immenso.
Un meraviglioso castello, dove un tempo accadevano eventi straordinari: dallo storico rifiuto di un Papa, alla immediata acclamazione del suo successore, dalla sparizione di prigionieri ad opera di un mostruoso coccodrillo che si voleva fosse tenuto nascosto nella rada del maniero dalla regina Giovanna, all’uccisione di amanti popolani da parte della lussuriosa sovrana che li precipitava, attraverso una botola, nella misteriosa Fossa del Miglio.Il Castelnuovo, popolarmente indicato come Maschio Angioino, è oggi uno dei simboli riconosciuti di Napoli, visto che gran parte della storia partenopea si intreccia con le vicende della fortezza. Costruito nel 1279 per volere di Carlo I d’Angiò, fu residenza reale degli Angioini e sede di una corte dall’intensa attività politica e culturale. Nel 1294 la Sala Maior del Castello fu lo scenario prima di un gran rifiuto – per dirla alla Dante – quando il 13 dicembre papa Celestino V abdicò al soglio pontificio. Poi della celebrazione di un nuovo pontefice: Bonifacio VIII. Anche gli Aragonesi, successori degli Angioini, fecero del “Maschio” la sede politica e culturale della loro potenza. Anzi, i nuovi re di Napoli presero possesso del regno proprio con la conquista della fortezza. Il lungo assedio che Alfonso aveva stretto contro la città ebbe fine il 12 giugno del 1442 quando un manipoli di soldati riuscì a penetrare nel castello. Grazie all’intensa attività culturale di Alfonso il Magnanimo, la città visse allora il suo Rinascimento celebrato proprio a Castelnuovo con uno straordinario monumento simbolo: il maestoso arco trionfale in marmo che incorona l’ingresso. Ed eccoci infine, a Castel Capuano, il quarto castello cittadino che prende il nome dalla vicinanza della porta che immetteva sulla strada per Capua. Residenza, fortezza, tribunale. Molte le funzioni svolte da questo imponente edificio nel corso dei secoli. Nel 1370, durante il suo soggiorno napoletano, soggiornò a Castel Capuano anche il poeta Francesco Petrarca e fu sempre qui, secondo la leggenda, che la regina Giovanna II fece avvelenare il suo amante.
Castel Capuano, con il suo maestoso portale, sormontato dallo stemma con le insegne di Carlo V, fu costruito nella seconda metà del XII secolo per volere del re normanno Guglielmo I “Il Malo”. A quanto pare fu anche la residenza napoletana dell’imperatore Federico II di Svevia. Nel 1540 per volere del vicerè don Pedro de Toledo fu trasformato in Palazzo di Giustizia. Funzione conservata fino ai nostri giorni. Ai confini dell’impero, a Ischia e sui resti dell’antica villa romana di Giulio Cesare a Bacoli sorgono le ultime due fortezze di Partenope: il castello aragonese di Ischia e quello di Baia. Il maniero edificato sugli scogli dell’Isola Verde merita, da solo, il biglietto del viaggio. Costruito su un’antica bolla magmatica, alta poco più di cento metri, il maniero fu voluto da Alfonso d’Aragona nello stesso posto in cui, nel 474 a.C., Gerone da Siracusa aveva fatto edificare una fortezza.
Fu il sovrano aragonese a far congiungere l’isolotto vulcanico con l’isola maggiore facendo costruire un ponte di pietra. Nel Castello, dove (nel 1509), furono celebrate le nozze tra la principessa Vittoria Colonna e il marchese di Pescara Ferrante d’Avalos; si trova anche il Convento delle Clarisse (XVI secolo), con il sottostante cimitero, luogo a dir poco impressionante in cui ancora si conservano i sedili di pietra con gli scolatoi su cui venivano posti ad essiccare i cadaveri delle suore. Al maniero di Ischia Ponte si accede attraverso una stretta e suggestiva mulattiera scavata nella roccia.
Anche il castello di Baia fu innalzato (a partire dal 1495), per volere di re Alfonso D’Aragona che volle quell’opera per difendere il litorale flegreo dalle incursioni dei pirati moreschi.Concepito come forte di avvistamento, il castello fu successivamente ampliato e radicalmente trasformato dai viceré che ne accentuarono ancor di più la funzione militare. Presa dai Repubblicani nel 1799 e poi riconquistata dalle forze fedeli ai re Borbone, la rocca di Baia fu ulteriormente modificata e rinforzata per poi passare, dopo l’Unità d’Italia, sotto l’amministrazione di vari ministeri tra cui quello della Difesa. Utilizzato anche come carcere militare e campo di prigionia durante la II guerra mondiale, oggi ospita il Museo Archeologico dei Campi Flegrei.