Alexandre Dumas ne parlava come rapito. La Villa Reale di Napoli? “E’ senza dubbio la più bella e soprattutto la più aristocratica passeggiata del mondo” scriveva, nel 1835, il celebre autore dei “Tre Moschettieri” nel suo Viaggio in Italia. Un paesaggio da favola. Fatto realizzare da re Ferdinando IV di Borbone a due passi dal Golfo: “Soltanto, invece della Senna è il Mediterraneo: invece del Quai d’Orsay è l’estensione, è lo spazio, è l’infinito” narrava lo scrittore francese.
Cos’altro aggiungere? Il più famoso giardino di Napoli, con i suoi lecci, i pini, le palme e gli eucalipti si estende per quasi un chilometro tra piazza della Repubblica e piazza della Vittoria, ed è solcato, ai lati, da via Caracciolo (il lungomare) e dalla Riviera di Chiaja. Il suo primo nucleo risale alla fine del XVII secolo, quando il viceré duca di Medinacoeli, pensando a una “passeggiata verde” che dalla Porta Reale si spingesse fino alla Crypta Neapolitana, fece piantare una doppia fila di alberi abbellendoli con l’installazione di 13 fontane. Nel 1778-80, grazie all’intervento di Ferdinando IV di Borbone, l’intera area fu trasformata in un vero e proprio parco pubblico sulla stessa falsariga di quanto Carlo III di Borbone, padre del re di Napoli, aveva fatto con il Salon del Paseo del Prado di Madrid.
La villa partenopea fu ridisegnata da Carlo Vanvitelli, figlio di Luigi, l’architetto della reggia di Caserta, che la concepì come un percorso rettilineo costellato di fontane e sculture. Nacque così il “Real Passeggio di Chiaja”: uno spazio destinato al divertimento, dove si passeggiava e si ascoltava musica a due passi dal mare, proprio come alle Tuileries di Parigi.
Rivisitati più volte, i giardini hanno assunto l’aspetto attuale di massima alla fine del ’900, in attesa di nuovi progetti che vorrebbero estendere l’area verde fino al mare dopo la chiusura al traffico delle vie antistanti.