Il corpo di Napoli rimette la testa a posto

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Era finita nella collezione di un amante delle arti austriaco la testa di sfinge sottratta circa 60 anni fa alla statua del Nilo giacente che, a Napoli, segna l’inizio della parte più antica della città greco-romana, nel cuore dei Decumani. Una statua, quella che orna l’antico quartiere egizio di via Spaccanapoli e che i partenopei chiamano, da sempre, “Corpo di Napoli“, che ora tornerà quasi integra grazie alla restituzione, da parte del collezionista, del reperto ritrovato da pazienti indagini dei carabinieri del nucleo di tutela del patrimonio culturale partenopei.

L’antico manufatto in marmo, come ha spiegato il capitano Carmine Elefante, è stato recuperato monitorando i mercati e le collezioni nazionali e internazionali, nell’ambito di controlli di routine, a settembre scorso, quando i militari dell’Arma del nucleo specialistico individuarono in quella collezione alcuni oggetti sulla cui provenienza volevano vederci chiaro.

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Il collezionista aveva acquisito il pezzo per lascito e la sua “buona fede” è dimostrata anche dai documenti. La testa, grazie a una sinergia fra soprintendenze e un comitato di privati che si sta attivando per una raccolta fondi, sarà riposizionata sul monumento partenopeo entro la fine del prossimo anno. A decretare che quella sfinge fosse proprio quella vandalizzata e sottratta al “Corpo di Napoli”, metafora del Nilo, nel secondo dopoguerra (la testa sparì misteriosamente in una notte di metà anni Cinquanta), in particolare, oltre agli accertamenti tecnici, la perfetta corrispondenza dei buchi alla base con la circonferenza e posizionamento dei ferri residui sulla millenaria scultura che apre le porte del Decumano maggiore.

Il possente monumento è l’unica testimonianza lasciata in città da un’antica colonia di mercanti provenienti da Alessandria d’Egitto che prima del II secolo d. C. si era stabilita nella zona alta dei Decumani. Secondo la tradizione, dopo la partenza degli Egiziani, il “Nilo giacente” fu privato della testa e quindi sotterrato, fino a quando, dodici secoli più tardi qualcuno lo riscoprì consegnandolo al culto dei partenopei. Nel ’600, la statua, che probabilmente in origine aveva le sembianze di una donna, fu restaurata con l’aggiunta del volto di un uomo barbuto.