Canova e l’Antico, il Museo Archeologico di Napoli (Mann) ospiterà dal 28 marzo quella che viene definita dal direttore Paolo Giulierini se non come “la mostra delle mostre“, almeno una “mostra che farà epoca“. Con questa “mostra-evento”, dal 28 marzo prossimo e fino al 30 giugno, Antonio Canova “torna” dunque a Napoli, tappa fondamentale nello sviluppo del percorso artistico del maestro veneto che a fine Settecento venne qui a prendere spunti e ne rimase tanto affascinato al punto da sentenziare: “Per tutto, sono situazioni di Paradiso“.
Grazie alla collaborazione con il museo Ermitage di San Pietroburgo, e all’organizzazione di Villaggio Globale International, saranno oltre 110 le opere esposte tra cui 12 grandi marmi. Una fra tutte, il famoso nucleo canoviano delle Tre Grazie che con altri 5 marmi provenie dall’Ermitage di San Pietroburgo, che vanta la più ampia collezione canoviana al mondo. Saranno esposti a Napoli L’Amorino Alato, L’Ebe, La Danzatrice con le mani sui fianchi, Amore e Psiche stanti, la testa del Genio della Morte e, come detto, la celeberrima e rivoluzionaria scultura delle Tre Grazie. Ma anche l’imponente statua, alta quasi tre metri, raffigurante La Pace, proveniente da Kiev, e l’Apollo che s’incorona del Getty Museum di Los Angeles.
Un altro elemento di attrazione particolare della mostra Canova e l’Antico, curata da Giuseppe Pavanello, uno dei più grandi studiosi del maestro, sarà l’esposizione, dopo il minuzioso restauro, delle 34 tempere su carta a fondo nero conservate nella casa natale dell’artista ispirate alle pitture pompeiane su fondo unito. Il concetto della mostra (sintetizzato nel titolo) sta proprio nel rapporto unico e viscerale che Canova ha con l’arte Antica, che viene riplasmata e rivissuta mai come copia ma come nuovo che nasce attraverso il filtro dell’Antico. “Il Mann, dove si trova la grande statua canoviana di Ferdinando IV di Borbone – così Giulierini spiega l’idea della mostra – è il luogo ideale per dare conto del dialogo prolungato tra il grande artista e l’arte classica”. Nel Museo Archeologico di Napoli si conservano infatti capolavori ammirati dal maestro veneto, pitture e sculture provenienti dall’area di Pompei che egli vide nel primo soggiorno in città nel 1780; o i marmi farnesiani, studiati già quando erano a Roma in palazzo Farnese, all’origine di sue opere fondamentali come l’Amore Farnese, prototipo per l’Amorino alato Jusupov che il pubblico potrà confrontare nella straordinaria mostra di fine marzo.
Alla presentazione della mostra Canova e l’Antico hanno presenziato al Mann tutte le istituzioni, segno tangibile del valore dell’iniziativa e del peso culturale del Museo. Il ministro per i Beni culturali Alberto Bonisoli è arrivato con anticipo per poter visitare per la prima volta il Museo che non conosceva. Effetto? Incantato dagli ambienti e dalle collezioni. “E’ la prima volta che visito il Mann – ammette il ministro -. E’ una sfida, qui ci si confronta con qualcosa di unico ed eccezionale, ci si sente un po’ piccoli di fronte a quello che l’arte è riuscita a realizzare nel passato ma bisogna sempre sforzarsi per avvicinare il più possibile il patrimonio artistico ai cittadini. Al Museo Archeologico di Napoli c’e’ un piano strategico, e questo non è scontato in Italia. Identità e missione devono essere affiancati da strategie e risorse”. Bonisoli ha visitato anche il cantiere del braccio nuovo dove si sta costruendo un auditorium da 300 posti e il ristorante.
Un messaggio di congratulazioni è arrivato dal neo presidente della Fondazione Canova Vittorio Sgarbi che definisce il museo Mann come il “più organico museo archeologico d’Italia“. Napoli, ricorda Sgarbi, ha contribuito al restauro delle tempere che per la prima volta in assoluto verranno mostrate tutte insieme nella loro bellezza originale.