Il nome evoca scenari di dolore e sofferenza. Un sudario di pietra celato nel Centro Storico. Benvenuti nella Sala del Lazzaretto, luogo di morte e disperazione della Napoli dei secoli passati. Oggi gioiello di rara bellezza dell’architettura “made in Partenope”. Era qui, a un tiro di schioppo da Castel Capuano, che nel corso del XVII e del XVIII secolo venivano accolti e curati lebbrosi e appestati della città del Vesuvio. Uno stanzone lungo 60 metri cui si accede imboccando un grande scalone. L’edificio fa parte della chiesa di Santa Maria della Pace che, assieme all’Ospedale dei Frati Ospedalieri di San Giovanni di Dio (conosciuto come l’ex ospedale della Pace) forma il monumentale complesso di Santa Maria della Pace.
La Sala del “Lazzaretto”, così definita proprio per la tipologia di malati che un tempo ospitava (il plesso è stato parte integrante del vecchio nosocomio fino al 1970 quando l’impianto ha cessato l’attività ospedaliera per divenire edificio storico tutelato dalla Sovrintendenza dei Beni ambientali), racconta una storia di tristezza e di forte disagio sociale. Lo rivela ancora oggi il ballatoio che costeggia le pareti perimetrali dello stanzone: una sorta di balconata sospesa a mezza altezza da cui medici e inservienti “calavano” cibo e bevande agli infetti senza venire in contatto con loro, in modo da evitare il contagio. Sullo sfondo è ancora possibile ammirare l’altare di marmo del XVIII secolo, che in origine, separava l’ambiente principale della Sala dal retrostante gabinetto medico. Uno spazio che tuttavia spicca anche per i pregevoli affreschi (raffiguranti la Vergine Maria e i Santi dell’Ordine di San Giovanni di Dio) di Andrea Viola e Giacinto Diano che ne addobbano la volta e la zona delle finestre. Ed è qui, in questo stesso plurisecolare salone che l’associazione “Mani e Vulcani” ha pensato bene di allestireuno spettacolo teatrale per ricordare la figura di Carlo Gesualdo (1566-1613), a quattrocento anni di distanza dalla morte del grande madrigalista.
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Lo spettacolo, a cura di Ilio Stellato e Maurizio Merolla (sua la regia), con la direzione organizzativa di Antonello Di Martino, rievoca le vicende storiche del famoso Principe di Venosa e della moglie Maria d’Avalos. Una vicenda triste e al tempo stesso ricca di passione, che ci riporta indietro nel tempo, fino alla notte tra il 16 e il 17 ottobre 1590, quando la bellissima Maria fu trucidata, insieme con l’amante Fabrizio Carafa, in una stanza da letto di Palazzo Sansevero, perché colta in flagrante adulterio dal marito. I corpi martoriati dei due giovani furono lasciati nudi sulle scale del Palazzo.
Una storia di disperazione e amore infranto, ancora oggi viva nei vicoli del Centro Storico. Ed in particolar modo nell’area di piazza San Domenico Maggiore dove si dice ancora volteggi il fantasma sofferente della bellissima Maria d’Avalos. Mai luogo, dunque, migliore del “Lazzaretto” per rievocare uno degli episodi più tristi e al tempo stesso struggenti della storia di Partenope. A dir poco emblematico il titolo scelto per la piece: “Millarcum. Delirio d’un amore antico”.
Il primo spettacolo è in programma venerdì, 31 gennaio, alle ore 21. Si replica l’1 e il 2 febbraio, alla stessa ora.
Millarcum, delirio di un amore antico
info e prenotazione 081.5643978 – 340.4230980
“Mani e Vulcani…per amare Napoli”
Via port’Alba 30 – 80134 Napoli
info@manievulcani.it – antonio.manievulcani@libero.it
www.manievulcani.it