Il fast food made in Naples che conquista il palato

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cartoccio alici fritte

Taralli ’nzogne e pepe, pizza a portafogli, zeppole e panzarotti. Simboli veraci di napoletanità. Fast food in dialetto dei vicoli di Partenope, come l’ultima tendenza in fatto di sapori “on the road”: la frittura di pesce da asporto servita direttamente “al cartoccio”.

Chi è nato e cresciuto alle falde del Vesuvio conosce bene queste “stuzzicherie” per averle assaggiate e assaporate centinaia di volte. Lì, nel dedalo di vicoli del Centro Storico di Napoli, oppure negli chalet di Mergellina. Ma anche nei tanti restaurant che costeggiano il Lungomare e i borghi della provincia partenopea dove friggitorie ambulanti, rosticcerie e risto-pub fanno a gara nel preparare queste autentiche ghiottonerie mordi e fuggi. Il loro odore inebriante si sente da lontano. Conquista, prendendo alla gola. Anche questo fa parte della tradizione “made in Napoli”.

Le zeppole, dialettalmente dette anche “pastecrisciute” o “aria fritta”, sono delle semplici frittelle fatte con acqua, farina e lievito, simili a una pallina larga pochi centimetri. E’ a questo cibo che di solito si fa riferimento per indicare un difetto di pronuncia che riguarda la esse e la zeta. Non tanto per l’impossibilità di dire correttamente “zeppola” ma perché si parla come se si avesse, appunto, “una zeppola in bocca”. Possibilmente calda. Sì, perché la zeppola “pastacrisciuta”, qualora non lo si fosse ancora capito, si mangia proprio così: bollente.

I panzarotti, invece, somigliano un po’ alle crocchette, con una sostanziale differenza: sono più piccoli e sottili. E soprattutto vengono preparati senza mozzarella, né impanatura e prosciutto. Dunque sono molto più leggeri del tradizionale “crocché”. Per prepararli bastano patate a pasta gialla. Come le zeppole, anche i panzarotti si mangiano in piedi, ancora belli caldi e fumanti. Esempi di un fastfood ante litteram da leccarsi i baffi. Con un segreto in più. O se preferite, un ulteriore consiglio per l’uso: provate a sposarli con una zeppola, aprendo la frittella e inserendoci dentro l’impasto di patate. Otterrete una bontà che vi manderà in brodo di giuggiole. Proprio come i taralli, altra squisitezza made in Naples! La storia racconta che questo “cerchietto intrecciato” saporito e croccante vide la luce nella Napoli del ’700, quando i fornai non si sognavano neppure di buttare via lo ”sfriddo”, vale a dire i ritagli della pasta con la quale avevano appena preparato il pane.

A questi avanzi lievitati aggiungevano un po’ di “nzogna” (“sugna” in italiano, lo strutto, il grasso di maiale) e parecchio pepe. Poi, con le loro abili mani riducevano l’impasto a due striscioline. Quindi le attorcigliavano tra di loro ricomponendole a forma di ciambellina, e infine le mettevano nel forno. Ecco nato l’antenato del tarallo “’nzogna e pepe”, arricchitosi nel corso dell’Ottocento, di un altro ingrediente che tuttora ne costituisce una parte integrante: la mandorla. Addentatene uno: sarete assaliti da un mix che solo all’ombra del Vesuvio è possibile trovare. A Napoli, esatto. Dove chi lo desidera potrà “provare” l’altra costante della vesuvianità on the road: la pizza a portafoglio. Sì, stiamo parlando proprio di sua maestà la pizza, prodotto simbolo dell’eccellenza culinaria di Partenope del mondo.

Non tutti sanno che il più celebre dei dischi di farina condito con olio, mozzarella di bufala e rosso pomodoro di San Marzano, e poi cotto a legno, può essere assaporato anche strada facendo. Magari mentre ci si gode le vetrine agghindate delle vie dello shopping. In che modo? Ma è presto detto. Piegato a metà, proprio come un “libretto”. E’ questa la pizza cosiddetta “a portafoglio” o a “libretta”, servita appena sfornata nel suo involucro di carta. Un’autentica esplosione di gusto concentrato. Da mangiare con cautela, perché la mozzarella filante e il rosso pomodoro potrebbero anche…colarvi addosso! Fidatevi però: vale veramente la pena correre questo piccolo rischio.

E parlando di “gusto concentrato” come non toccare una delle ultime tendenze in materia di “fast food” made in Naples? Avete mai assaggiato una frittura di pesce? Certo, seduti comodamente ai tavolini di un ristorante. Magari dopo un buon primo piatto. Sapete che è possibile farlo anche “on the road”? Eh, sì: gamberetti, alici e calamari, bontà del mare di Partenope. Fritti nell’olio bollente. Possono essere spiluccati anche nell’immancabile cartoccio a forma di “imbuto”, il napoletanissimo “cuoppo”, neanche fossero una porzione di zeppole e panzarotti. Basta acquistarli direttamente in pescheria, almeno laddove questi punti vendita si sono attrezzati montando appositi punti friggitoria con tanto di tavolinetti (a Napoli ma anche altrove, è l’ultima tendenza del momento). E poi gustarseli uno alla volta, svuotando il “cartoccio” un pezzettino alla volta. Se lo fate a pochi passi dal mare del Golfo, assaporandone l’aroma fino in fondo, avrete scelto il condimento migliore per quest’ultima inimitabile chicca mordi e fuggi.