Come accade per tutte le più note ricorrenze dell’anno, anche alla Pasqua sono abbinate le consuete tradizioni culinarie. Soprattutto in Terra Felix, culla di sapori e aromi inimitabili. Dunque, via libera a festose tavolate con amici e parenti e alla classica colazione al sacco da consumare durante la tipica “gita fuori porta” del lunedì in Albis, la “pasquetta”.
Insomma, è chiaro che nel capoluogo campano l’attesa spirituale della sacra festività va di pari passo con l’aspetto gastronomico, decisamente più profano ma ugualmente profondo perché risalente alla cultura antica di ricette e ingredienti che, da secoli, si tramandano di generazione in generazione.
Facciamo allora un salto indietro nel tempo e immergiamoci nell’atmosfera conviviale delle case di una volta. Usanza comune era quella di vivere in più famiglie sotto lo stesso tetto, e spesso la “cucina” rappresentava il luogo principale di ritrovo. Lo spazio in cui ci si riuniva soprattutto per godere del tepore del fuoco su cui venivano preparati i piatti tipici delle feste. In particolare si distingueva per ricchezza e abbondanza, oggi come allora, il menù della Pasqua che non poteva (e non può) prescindere da alcune principali portate. Ma andiamo con ordine e partiamo dagli antipasti.
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La memoria corre in automatico alla tradizionale “Fellata”, immancabile preludio alle successive succulente pietanze del desco. Con questo termine, tipicamente napoletano, si indica il classico tagliere di salumi misti e formaggio. Quindi fette (“felle”) di salame, caciocavallo, capicollo, provolone e, scusate se poco, uova sode e ricotta salata.
Anche in questo caso si tratta di ingredienti appartenenti alla tradizione e dunque con una simbologia che da sempre li caratterizza. Scopriamone il significato.
Le uova, nella cultura antica rappresentano la rinascita, dunque la resurrezione di Cristo, il salame invece è simbolo della ricchezza contadina del terreno, la ricotta salata esprime invece lo spirito di comunione, l’unione totale, un formaggio povero che serve per arricchire e completare questo piatto, dando quel tocco di sapidità e morbidezza, un trionfo di sapori e profumi meraviglioso. Il tutto annaffiato da un ottimo vino rosso di Gragnano e un caldo pane cafone, (quello con la “scorza” dura e bruciacchiata in basso). Ma chi sa da dove deriva il nome “Fellata”?
Il termine deriva dalla parola “fella”, ovvero fetta in dialetto napoletano, in quanto la ricotta salata e il salame vengono presentati tagliati a fette, mentre le uova sode sono o tagliate a metà o a spicchi.
Si tratta di un antipasto fresco e saporito il cui valore è dato non solo dal suo ineguagliabile sapore, ma anche dalla possibilità di poter essere riciclato il giorno successivo, un po’ come succede con l’insalata di rinforzo a Natale, perché le tradizioni, i gusti e gli ingredienti, come abbiamo visto non cambiano mai e si tramandano di generazione in generazione.