Pompei, è sempre più meraviglia (seconda parte)

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(segue da prima parte)… E’ questo, ad esempio, il caso del misterioso proprietario della Domus dell’Efebo, forse un facoltoso mercante. Il classico “pezzo grosso” dell’epoca visto che, subito dopo il terremoto che aveva sconvolto la cittadina nel 63 d.C., aveva comprato e restaurato diverse abitazioni confinanti con la sua, realizzando una sorta di maxi villa urbana. La Domus dell’Efebo è costruita proprio così: aggregando più case comunicanti l’una con l’altra, come un’enorme unico complesso abitativo. L’edificio, che si segnala per il lusso e il fasto delle decorazioni delle pareti e dei pavimenti, nel corso degli scavi, ha restituito ricchi servizi da banchetto e opere d’arte di enorme pregio, tra cui un magnifico portalampada in bronzo raffigurante un Efebo, oggi conservato al Museo archeologico di Napoli. Ed è stata questa statua ad aver dato il nome alla casa. Poco più in là, proseguendo lungo via dell’Abbondanza, svettano altre due dimore di recente restaurate. Si tratta di edifici più semplici rispetto alla casa dell’Efebo, forse abitati da gente comune. Si tratta della casa del Sacerdos Amandus e di quella di Fabius Amandius. Due ambienti molto più piccoli rispetto al “villone” del misterioso e ricco mercante, eppure decorati con estremo gusto e raffinatezza.[charme-gallery]La casa del Sacerdos prende il nome dalle scritte elettorali ritrovate al suo ingresso. Era dotata di un piano superiore, indipendente, del quale si conserva ancora l’accesso al balcone. Qui era alloggiata l’officina di un costruttore di tavolette cerate (dette in latino tabellarius) i cui resti, carbonizzati, sono stati rinvenuti dagli archeologi durante i lavori di scavo, tra le rovine dell’edificio.Un posto di primo piano, da un punto di vista artistico, meritano, in questo alloggio, le pitture del triclinio che raffigurano le imprese di alcuni degli eroi mitologici dell’antichità. Anche la casa di Fabius Amandius è piccola. Quasi in miniatura. La diremmo una sorta di casa “tascabile” che sfrutta vari espedienti per guadagnare spazio. La domus si sviluppa, infatti, verso l’alto, su due livelli, e come quella del Sacerdos, ha un piano superiore dotato di balcone.[charme-gallery]E’ molto probabile che i vani scala di questo edificio fossero utilizzati anche per altre funzioni, probabilmente per ospitare alcune botteghe artigiane. Probabilmente tessili, come hanno suggerito una decina di pettini recuperati sul posto. Piccola curiosità. Questa casa, al pari di molte altre del sito archeologico vesuviano, fu visitata dai “fossores”, gli scavatori che dopo la terribile eruzione del 79 d.C., provarono a introdursi negli edifici in cerca di beni e cose preziose da riportare alla luce. Il passaggio da loro aperto è ancora visibile sulla parete est del fabbricato. (segue terza parte)