Prima la storica Cattedrale, che ha spalancato i battenti dopo quasi mezzo secolo di oblio. Poi il percorso sotterraneo archeologico che da sabato 19 settembre tornerà nuovamente fruibile, dopo quasi sette anni di chiusura. Nel cuore della terra flegrea c’è uno scrigno che, a poco a poco, va schiudendosi per mostrare al mondo la ricchezza del suo inestimabile tesoro: si chiama “Rione Terra” e risplende forte, con il suo carico di storia, nelle viscere antiche di Pozzuoli. Il merito è, in larga parte, degli sforzi profusi dall’amministrazione comunale che, d’intesa con la Soprintendenza e grazie ai finanziamenti della Regione, ha lavorato duro per riconsegnare alle rotte del turismo internazionale uno degli angoli più belli e incantati della Campania Felix. Un lavoro il cui punto di partenza è stato il rilancio del percorso archeologico del Rione Terra, off-limits dall’autunno del 2007, ma ormai pronto per essere riconsegnato ai visitatori (imprevisti della ultima ora a parte) per 15 week-end consecutivi, a partire dal 19 settembre 2015 fino al 6 gennaio 2016. [charme-gallery]Due i progetti messi in cantiere per valorizzare ulteriormente l’area della rocca puteolana. Il primo punta all’allestimento di una mostra “Alle origini del Gusto” dedicata al rapporto millenario tra uomo e cibo, ambientata in un giardino pompeiano ricostruito virtualmente proprio nel Rione. Il secondo, denominato “TerraMoto”, è incentrato, invece, sulla realizzazione di un evento promozionale capace di abbinare cibo e luoghi storico-archeologici di Pozzuoli in linea con quelli che sono gli obiettivi dell’Expo 2015 di Milano. Ventisei, in tutto, i siti già individuati (tra questi l’Anfiteatro Flavio, il Serapeo, il Duomo e lo Stadio di Antonino Pio); dieci le cantine e i ristoranti della zona flegrea. Saranno abbinati gli uni agli altri, in un “gran tour” pensato appositamente per la gioia di visitatori e appassionati di arte, storia e sapori. “Una sfida – spiega il sindaco Vincenzo Figliolia – affascinante, perché il futuro di Pozzuoli si delinea valorizzando il suo millenario passato”. E che si tratti proprio di “passato millenario” non ci sono dubbi guardando la collina di tufo che, con suoi 33 metri sul livello del mare, si protende sul Golfo tra Nisida e Baia. Cominciamo dal nome. Perché si chiami “Rione Terra” è presto detto. Il toponimo deriva, infatti, dall’uso medioevale e marinaresco di chiamare “terra” il villaggio o la città, quasi in contrapposizione al mare. Stiamo parlando di un luogo speciale. Un quartiere, come disse una volta Alberto Angela durante una puntata di Superquark: “dove i capitoli della lunga storia di Pozzuoli si sono sovrapposti come pagine di un libro”. Uno dei pochi borghi al mondo protagonista delle varie evoluzioni storiche: dagli anni della colonizzazione greco-romana fino all’epoca moderna. Culminata, nel marzo del 1970, nell’abbandono dell’acropoli a seguito di uno dei frequenti sciami bradisismici che interessarono la plurisecolare esistenza dei “Campi Ardenti”. Sciami che si ripeterono dieci anni più tardi, prima con il terremoto del novembre 1980, poi con un nuovo bradisismo. Eventi drammatici, che provocarono ulteriori danni all’abitato, decretandone la completa rovina.
Puteoli era una città molto importante in epoca romana perché, per secoli, prima della nascita di Ostia, rappresentò il maggiore e principale porto dell’Urbe. Ebbene, il Rione Terra ne costituiva il cuore: il primo e più antico nucleo abitativo, colonizzato nel VI secolo a.C., dagli esuli greci dell’isola di Samo che lì erano giunti per fondarvi Dicerachia, il governo dei giusti. Il borgo fu innalzato su una piccola altura, così come era nell’uso dei coloni della Magna Grecia. Una posizione strategica da cui era possibile difendersi controllando gli arrivi di eventuali nemici sia dal mare che da terra. Fu ai tempi dell’Urbe, tuttavia, che Pozzuoli e la sua rocca conobbero il periodo di maggior splendore diventando una delle città di riferimento dell’Impero. Poi, con il decadimento di Roma, la città che un tempo si estendeva fino a comprendere la moderna Bacoli, iniziò il suo lento ma progressivo declino, fino a ridursi nella sola piccola rocca occupata dal Rione Terra. Questo accadeva nel V secolo d.C, periodo cruciale per le sorti di Puteoli, dal momento che è proprio in questo momento che il “Rione” inizia a “stratificarsi”. E le culture che si succedono cominciano a costruire botteghe ed abitazioni su quelle che un tempo erano state abitazioni e mura romane: mattoni su mattoni, edifici su edifici. Lo confermano, oggi, i numerosi reperti che si celano nelle viscere del Rione (l’area archeologica ha un’estensione di circa due chilometri quadrati). Proprio sotto le fondamenta della più moderna città.[charme-gallery] Si tratta di testimonianze di immenso valore, tra cui spiccano notevoli tracce di un Cardine e di due Decumani (quello di via Duomo, in basolato al di sotto della strada moderna e quello che costeggia il lato posteriore del tempio di Augusto, in tufo) con ancora i frontoni delle insulae su cui si affacciano, quasi intatte, piccole dimore di pescatori, magazzini e taverne (spicca la bottega di un fornaio con le macine per il grano); mura di un vasto complesso termale e i resti grandiosi del Tempio di Augusto, sulle cui rovine, in epoca spagnola, fu innalzata la Cattedrale di San Procolo Martire poi distrutta da un incendio, nella notte tra il 16 e il 17 maggio 1964 e solo di recente restituita al culto. Furono proprio i lavori di restauro del Duomo a valorizzare tutte le varie fasi storiche attraversate, nel corso dei secoli, dall’impianto religioso e quindi dalla rocca tufacea stessa. Insieme con i danni, infatti, il rovinoso incendio del 1964 fece emergere buona parte dei resti di un sontuoso monumento marmoreo di età augustea, attribuito all’opera dell’architetto Lucio Cocceio Aucto, che a sua volta aveva inglobato un precedente tempio di età repubblicana risalente al 194 a.C., già ristrutturato da Silla nel 78 a.C., e quindi “assorbito”, insieme con la basilica augustea, dalla successiva struttura muraria cristiana. Le sorprese, tuttavia, non finiscono qui. Sì, perché le future campagne di scavi potrebbero consegnare alla collettività nuovi, importanti ritrovamenti, come accaduto, ad esempio, alla fine del 2012 quando, nel cuore del Rione Terra, dietro una porta murata del Seicento, letteralmente sepolte dal terriccio e dal materiale di risulta di un’abitazione realizzata nel periodo della ricostruzione dell’antica rocca (dopo l’eruzione del Monte Nuovo nel 1538), gli archeologi hanno rinvenuto cinque stanze (forse gli ambienti di servizio) di una domus romana, in gran parte affrescate e datate primo secolo avanti Cristo. Un ritrovamento eccezionale che va a infoltire il già ricco e nutrito “carnet” delle bellezze nascoste dell’acropoli. Ma potremmo essere solo all’inizio. Chissà, infatti, che il domani non possa consegnarci altre meravigliose scoperte.